Di Chiara Di Lucente
La salute è uno dei massimi valori che possediamo. Ma sappiamo veramente definire cosa sia? Cosa possiamo fare per preservarla il più possibile?
“L’importante è che c’è la salute”: quante volte lo abbiamo detto o ce lo siamo sentiti dire da qualcuno a noi vicino? Ed è effettivamente così. Numerosi studi scientifici, infatti, hanno dimostrato l’influenza della prevenzione e della promozione della salute per il mantenimento del benessere e della qualità della vita di ciascuna persona. In realtà non serve soffermarci a lungo sulla letteratura scientifica per capirlo, basta la nostra esperienza: quando si ha un buono stato di salute passa quasi inosservata e, viceversa, quando si sta male l’importanza della salute acquisisce tutta la sua forza, e chi lavora nel campo della medicina e della sanità lo sa benissimo.
Ma che si intende per “un buono stato di salute”? Per parlarne dobbiamo prima di tutto definire cosa sia la salute, e non è un’impresa facile, né immediata come si può credere. Nel concetto di salute, infatti, sono racchiusi numerosi significati, che variano anche in base ai vissuti di ogni persona, oltre a modificarsi di pari passo con i cambiamenti sociali e culturali di ciascun periodo storico. In termini generali, possiamo riferirci alla “salute” come a un concetto positivo, che coinvolge una varietà di caratteristiche, che vanno dalla capacità all’integrità, dalla forma fisica al benessere.
Cerchiamo di essere più precisi. Un buon punto di partenza è la Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, entrata in vigore il 7 aprile 1948, che definisce la salute come: “Uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non solo la mera assenza di malattia o infermità“. Sebbene questa definizione risalga a più di settanta anni fa, rimane ancora attuale: pensare alla salute in questi termini, infatti, ha significato una vera e propria rivoluzione di pensiero, che ha scardinato il concetto secondo cui la salute è semplicemente l’assenza di malattie o infermità. Essa rappresenta il culmine – per ora – di quella che è la storia della medicina occidentale, che ha avuto inizio più di 2000 anni fa.

Il concetto di salute nel corso della storia
Ancora oggi, quando un nuovo medico inizia a esercitare la professione, presta un giuramento che trae ispirazione dal giuramento di Ippocrate, testo scritto dal medico greco vissuto nel IV secolo Ippocrate di Coo per definire i requisiti necessari per entrare nella sua scuola e praticare l’arte medica. Tradizionalmente, infatti, si fanno risalire le origini della medicina del mondo occidentale proprio alla scuola fondata da Ippocrate, ed è da lui che cominciamo a parlare di salute. Secondo la scuola ippocratica, infatti il corpo umano era ritenuto un contenitore di quattro liquidi, i cosiddetti umori (sangue, catarro, bile nera e bile gialla): la salute era costituita dall’equilibrio di queste sostanze, mentre la malattia rappresentava lo squilibrio.
Il concetto di salute non si è certo fermato alla scuola ippocratica, ma nel corso della storia è andato via via modificandosi: secondo il medico e alchimista tedesco-svizzero Paracelso, vissuto nel Rinascimento, salute significava la corrispondenza armonica tra il microcosmo all’interno di ogni essere umano e il macrocosmo dell’intero universo. Circa due secoli dopo, il medico e anatomista italiano Giovanni Battista Morgagni riteneva invece che la buona salute fosse rappresentata da uno stato di integrità del corpo umano. Poi, tra Settecento e Ottocento, vennero scoperte le cellule, le parti più piccole di ogni essere vivente, e il concetto di salute si modificò ancora una volta: la scuola anatomica tedesca, di cui uno dei principali rappresentanti fu Rudolf Virchow, individuò nelle cellule le radici dei concetti di salute e malattia.
Nel corso del Ventesimo secolo, mentre si accumulavano sempre più conoscenze sulle caratteristiche delle cellule e la medicina diventava sempre più molecolare (volta quindi a indagare le componenti estremamente piccole all’interno delle cellule) si è fatta avanti una rinnovata attenzione globale all’essere umano, sano e malato, ha dato origine a concezioni di salute e di malattia sinergiche ed estremamente sfaccettate, di cui l’esempio più rappresentativo è proprio la definizione dell’OMS. Infatti, essa tiene conto non solo delle caratteristiche anatomiche di ogni singola persona, ma anche di quelle mentali e psicologiche e quelle socio-funzionali.
Se la definizione non è tutto
La definizione dell’OMS è stata diffusa in tutto il mondo e ha avuto un ruolo cruciale nello sviluppo dei sistemi sanitari nazionali, inducendo i paesi a spingersi oltre i tradizionali confini dell’assistenza sanitaria, fissati dalle condizioni fisiche degli individui, proprio perché la salute non dipende solo da parametri fisici che possono essere misurati in maniera più o meno oggettiva.
Certo, si tratta sempre di una definizione datata 1948, che quindi sta invecchiando: diverse analisi critiche, infatti, hanno dimostrato che essa sta diventando sempre più inadatta ad affrontare le nuove sfide della salute globale, in gran parte derivanti dal tasso di crescita di invecchiamento e dall’aumento del numero di persone con malattie croniche. Le persone vivono più a lungo, è vero, ma spesso gli anni o i decenni di vita in più sono permeati dalla presenza di una o più malattie croniche: secondo alcuni studiosi, è irrealistico considerare la salute come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale.
Pertanto è necessario che il paradigma della salute cambi ancora. Per esempio, sono state avanzate nuove definizioni che concepiscono la salute come la capacità di reagire a tutti i tipi di eventi dell’ambiente circostante con risposte emotive, di pensiero e di comportamento adeguate. In questo modo, affermano gli studiosi fautori di questa definizione, la salute non si riduce semplicemente allo stato di malattia, né a parametri fisici, ma allo stesso tempo rappresenta la capacità di essere sani come un processo continuo, potenzialmente realizzabile per tutti, in ogni circostanza.
I determinanti e la promozione della salute
Abbiamo capito, quindi, che la salute non è un concetto semplice da definire, eppure è di vitale importanza per garantire il benessere e una buona qualità della vita di ciascuna persona. Eppure, manca ancora un tassello: se la salute è un concetto così variegato e sfaccettato, cosa la influenza?
Anche qui la risposta è complessa: dobbiamo parlare di una serie di fattori personali, sociali, economici ed ambientali in grado di determinare lo stato di salute delle singole persone o di intere popolazioni. Si chiamano determinanti della salute, sono molteplici e sono tra loro collegati. Tra questi vi sono:
• la genetica;
• l’ambiente in cui si vive e inquinamento;
• gli stili di vita individuali, come alimentazione, attività fisica, uso di alcool, fumo di sigaretta;
• i fattori economici e sociali, come classe, educazione, posto in cui si vive, risorse economiche, contesto ambientale.
Al concetto di determinanti della salute si accompagna quello di promozione della salute, che si occupa essenzialmente delle azioni volte ad affrontare tutti i determinanti di salute potenzialmente modificabili. Ciò che è importante sottolineare è che i fattori che influenzano la salute non sono solo quelli legati alle azioni individuali, come comportamenti e stili di vita. Anzi: la salute di ciascuno è influenzata largamente da fattori come reddito e stato sociale, livello di istruzione, occupazione e condizioni lavorative, accesso a servizi sanitari appropriati e ambiente fisico. Non solo: spesso le disuguaglianze sociali generano disuguaglianze anche a livello di salute. Come abbiamo visto, la salute è un concetto complesso ed eterogeneo influenzato da una miriade di variabili: cercare di agire solo su una di queste ignorando le altre potrebbe essere addirittura controproducente.
Fonti:
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