Di Chiara Di Lucente

Visualizzare le strutture all’interno del corpo in maniera semplice e poco invasiva: la risonanza magnetica consente di fare questo, permettendo ai medici la diagnosi e il monitoraggio di numerose malattie

risonanza magnetica

Esplorare il corpo umano con precisione e in maniera poco invasiva è da sempre una delle sfide più cruciali in medicina: è per questo che lo sviluppo della risonanza magnetica ha rivoluzionato la pratica medica moderna, consentendo ai professionisti della salute di ottenere, in modo semplice e non invasivo, immagini dettagliate del corpo, offrendo informazioni preziose per la diagnosi e la gestione di numerose malattie. Questa procedura diagnostica avanzata è ampiamente utilizzata per esaminare i tessuti molli dell’organismo; in particolare, la risonanza magnetica trova impiego per l’individuazione e il monitoraggio di una vasta gamma di patologie, come tumori, condizioni cardiologiche, neurologiche, infettive e infiammatorie. È preziosa anche per problemi minori legati a lesioni traumatiche o degenerative, come quelle che interessano il ginocchio o la spalla, per la pianificazione chirurgica, per valutare l’efficacia dei trattamenti farmacologici e per l’identificazione di aree da trattare con radioterapia. Ma come funziona questa tecnica, come avviene l’esame in sé e soprattutto in quali casi è indicato eseguirlo? Scopriamone di più in questo articolo.

Come funziona e per cosa è usata la risonanza magnetica

In parole povere, la risonanza magnetica sfrutta i campi magnetici e le onde radio per creare immagini dettagliate degli organi, dei tessuti molli, del cervello, delle articolazioni e di altre strutture all’interno del corpo umano. Questa tecnica si basa sul comportamento di particelle cariche elettricamente chiamate protoni (in particolar modo quelli presenti negli atomi di idrogeno dell’acqua, che costituisce larga parte dei tessuti del nostro corpo) quando vengono esposti a campi magnetici. Cerchiamo di andare un po’ più nel dettaglio. Immaginiamo un protone idrogeno come se fosse la Terra, che ruota attorno al proprio asse, una linea immaginaria che congiunge da una parte all’altra il polo Nord con il polo Sud. Ora, l’asse dei protoni si comporta come una piccola calamita: in circostanze normali si orienta in maniera casuale, ruotando liberamente nello spazio. Tuttavia, quando viene generato un campo magnetico di intensità elevata, gli assi dei protoni si allineano nella stessa direzione (un po’ come l’ago di una bussola, che indica sempre il Nord). Non è finita qui: se a tale condizione viene applicata ulteriore energia, emessa sotto forma di impulsi a radiofrequenza, la direzione del campo magnetico devia e, con essa, anche la direzione degli assi dei protoni. Quando la fonte degli impulsi a radiofrequenza viene spenta, tutto ritorna allo stato di riposo. Le piccole calamite all’interno del nostro corpo, gli assi dei protoni, si riallineano al campo magnetico: questo provoca l’emissione di un segnale, che viene captato da specifici rilevatori e utilizzato per creare le immagini della risonanza magnetica.

In pratica, quando una persona si sottopone a una risonanza magnetica, viene posizionata all’interno di un grande magnete, che, appunto, produce il campo magnetico, circondato da bobine che invece generano gli impulsi a radiofrequenza, mentre altre bobine rilevano il segnale derivante dall’interazione tra gli impulsi e i protoni. Un computer elabora queste informazioni e le trasforma in immagini dettagliate, consentendo ai medici di analizzare la struttura e la funzione degli organi. Per la loro differente composizione, viene da sé che tessuti diversi emettono segnali diversi e possono essere identificati separatamente. Per esempio, i legamenti e le ossa sembrano scuri, mentre il grasso appare più luminoso: questo perché le sostanze che contengono più acqua (e quindi più protoni) producono segnali più forti, mentre quelle con meno acqua producono segnali più deboli. Inoltre, le immagini di una risonanza magnetica possono aiutare i medici a distinguere tra diverse parti del cervello, come la sostanza grigia da quella bianca, perché contengono diversi livelli di acqua. Non solo: la maggior parte delle condizioni patologiche si manifesta con un aumento del contenuto di acqua, rendendo la risonanza magnetica un esame adatto all’individuazione di molte malattie. Tuttavia, l’esatta natura della patologia può essere più difficile da accertare: ad esempio, l’infezione e il tumore in alcuni casi possono assomigliarsi. Un’attenta analisi delle immagini da parte di un radiologo fornirà spesso la risposta corretta.

In particolare, questa tecnica ha una vasta gamma di applicazioni cliniche, tra cui:

  • Diagnostica: la risonanza magnetica è essenziale per identificare e valutare lesioni, anomalie strutturali, tumori, malattie neurologiche e altre condizioni mediche.
  • Monitoraggio e follow-up: questa tecnica può essere utilizzata per monitorare la progressione delle malattie nel tempo. È uno strumento cruciale nel valutare l’efficacia dei trattamenti e nell’identificare eventuali cambiamenti nelle condizioni dei pazienti.
  • Pianificazione chirurgica: prima di interventi chirurgici complessi, la risonanza magnetica fornisce ai chirurghi una visione dettagliata dell’anatomia del paziente, consentendo di pianificare con precisione l’approccio chirurgico.
  • Ricerca: la risonanza magnetica viene ampiamente impiegata nella ricerca scientifica per studiare varie condizioni mediche, migliorare la comprensione del funzionamento del corpo e sviluppare nuove terapie.

In certi casi, può essere necessario utilizzare un mezzo di contrasto, che non è radioattivo e viene somministrato tramite un’iniezione endovenosa. La risonanza magnetica si distingue dalla tomografia computerizzata (TC, nota anche come TAC) poiché non coinvolge l’uso di radiazioni ionizzanti dannose come le radiografie. Con la risonanza magnetica è possibile visualizzare in modo più dettagliato il cervello, il midollo spinale, i nervi, così come i muscoli, i legamenti e i tendini rispetto alle normali radiografie e tomografie. Questa caratteristica fa sì che la risonanza magnetica venga spesso preferita per esaminare lesioni al ginocchio e alla spalla; inoltre, per la sua bassa invasività, la risonanza magnetica è la scelta preferita quando sono necessarie immagini frequenti per diagnosi o terapia, specialmente per lo studio del cervello. Una tipologia speciale di risonanza magnetica è la risonanza magnetica funzionale (fMRI); questa tecnica permette di osservare l’attività cerebrale durante compiti cognitivi, aiutando a capire quali aree del cervello sono attivate.

Come avviene l’esame e le controindicazioni

Prima di sottoporsi a una risonanza magnetica, è importante seguire alcune indicazioni. Solitamente, non sono necessarie disposizioni specifiche prima dell’esame, ma è essenziale discutere con il proprio medico o con il personale medico incaricato di eseguire l’esame eventuali istruzioni particolari. Durante questa fase preliminare, verrà richiesto al paziente di compilare un questionario sulla propria salute. Questo aiuta il personale medico a garantire la sicurezza del paziente durante la procedura. Durante l’esame di risonanza magnetica, è cruciale mantenere la calma e rimanere immobili, in modo da ottenere immagini nitide e di alta qualità. Durante la scansione, il paziente avrà accesso a un interfono per comunicare con il personale medico, nel caso in cui si avvertano disagi o ci sia la necessità di richiedere assistenza. Inoltre, è consigliabile indossare abiti senza elementi metallici, come zip o bottoni, per evitare interferenze con le immagini. Dopo la scansione, la maggior parte dei pazienti può riprendere immediatamente le proprie attività quotidiane. Poiché la maggior parte delle scansioni di risonanza magnetica è ambulatoriale, il paziente può tornare a casa senza restrizioni, senza la necessità di rimanere in ospedale o in clinica durante la notte.

Infine, sebbene la risonanza magnetica sia un esame non invasivo, che non utilizza i raggi X come gli esami radiografici, devono comunque essere presi in considerazione diversi fattori:

  • Dispositivi impiantati: pazienti con dispositivi contenenti ferro, come pacemaker, stimolatori del nervo vago, defibrillatori cardioverter impiantabili e altri, dovrebbero evitare la risonanza magnetica a causa del potenziale rischio associato ai campi magnetici.
  • Rumore: durante la scansione, si verificano forti rumori, che possono raggiungere i 120 decibel in alcuni casi, rendendo necessaria la protezione dell’udito.
  • Mezzi di contrasto: Alcuni agenti di contrasto contenenti gadolinio possono essere associati a rischi in pazienti con gravi problemi renali; quindi, è fondamentale valutare attentamente il loro utilizzo in questi casi.
  • Gravidanza: anche se non sono stati riscontrati effetti negativi sulla salute del feto, in linea di massima si suggerisce di evitare la risonanza magnetica durante la gravidanza, soprattutto nel primo trimestre, quando gli organi del feto sono in formazione.
  • Claustrofobia: persone con claustrofobia possono avere difficoltà durante la scansione in ambienti chiusi. La risonanza magnetica aperta, che non circonda completamente il paziente, può essere una soluzione per coloro che avvertono disagio nel tunnel stretto.

Fonti: