Di Chiara Di Lucente

Cos’è il dolore? E soprattutto a cosa serve? Definizione e caratteristiche di una delle esperienze –ahimè – più comuni tra le persone

Si tratta di una delle esperienze più comuni provate dagli esseri umani, ma anche una delle più soggettive e complesse: oggi parliamo del dolore. Pensateci un momento: se da bambini avete imparato a familiarizzare con questa sensazione a ogni ginocchio sbucciato, nel corso della vostra vita, quando vi siete rivolti a un medico, probabilmente è stato a causa del dolore. È quasi impossibile che una persona non sappia di cosa si tratti oppure che non lo abbia mai provato, ma al tempo stesso diventa difficile dare una forma e parole precise al dolore. Proveremo a farlo con quest’articolo.  

Come di consueto, partiamo dalle definizioni: a questo ci ha pensato nel 1979 l’International Association for the Study of Pain (IASP), l’associazione scientifica che promuove la ricerca, l’educazione e l’introduzione di politiche per la comprensione, la prevenzione e il trattamento del dolore. Per redigere una definizione che riuscisse a soddisfare i diversi aspetti che il concetto di dolore comprende, nel 2020 la IASP, costituendo un gruppo interdisciplinare di scienziati che si occupavano di dolore e raccogliendo le esperienze delle persone con dolore e di chi se ne prendeva cura, ha introdotto una nuova definizione di dolore, il risultato di un processo di due anni iniziato per trasmettere meglio le sfumature e la complessità di questa esperienza, con l’obiettivo finale di una migliore valutazione e gestione clinica delle persone con dolore.

La nuova definizione della IASP recita così: “Il dolore è un’esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole associata o simile a quella associata a un danno tissutale effettivo o potenziale“. La definizione è completata da sei note che aggiungono tasselli preziosi per una migliore comprensione. Infatti, secondo la IASP:

• Il dolore è sempre un’esperienza personale, influenzata in varia misura da fattori biologici, psicologici e sociali.
• Dolore e nocicezione sono fenomeni diversi. Il dolore non può essere dedotto esclusivamente dall’attività dei neuroni sensoriali.
• Attraverso le loro esperienze di vita, le persone imparano il concetto di dolore.
• L’esperienza di una persona con dolore dovrebbe essere sempre rispettata.
• Sebbene il dolore di solito svolga un ruolo adattivo, può avere effetti negativi sulla funzione e sul benessere sociale e psicologico.
• La descrizione verbale è solo uno dei tanti comportamenti per esprimere il dolore; l’incapacità di comunicare non nega la possibilità che un essere umano provi dolore.

In sostanza, quindi, il dolore è un’esperienza spiacevole in cui sono coinvolti sia i sensi che i fattori emotivi e potrebbe essere innescata da un danno ai tessuti dell’organismo. Pensate a una ferita: in questo caso appare abbastanza chiaro che un danno tissutale sia in grado di provocare una sensazione spiacevole, che ha un impatto anche a livello emotivo. Il danno, comunque, può essere anche potenziale (come la compressione di un osso prima che si fratturi), oppure può anche non esserci, come indicato nelle note esplicative. Senza quest’ultime, infatti, è difficile comprendere appieno il dolore: torneremo su alcune di esse.

Dalla nocicezione al modello biopsicosociale

Le prime due note esplicative della definizione del dolore spiegano la differenza tra un processo detto nocicezione e l’esperienza di dolore. Fino a qualche decennio fa il concetto di dolore coincideva con quello bio-medico della nocicezione, ovvero quel sistema sensoriale (del tutto simile a quello del tatto) che invia al cervello il segnale negativo del dolore. La nocicezione, infatti, altro non è che la componente fisica dell’intero sistema del dolore: se c’è uno stimolo negativo ai danni di un tessuto (come per esempio una puntura di uno spillo, o una bruciatura), vengono attivate specifiche cellule disseminate in tutto il nostro corpo che funzionano come sentinelle, pronte a individuare un danno. A questo punto, in maniera del tutto simile a quanto avviene per gli altri nostri cinque sensi, queste cellule inviano il segnale negativo fino al cervello, che lo rielabora e produce la sensazione di dolore, in cui però entrano in gioco anche fattori cognitivi ed emotivi.

Contrariamente a quanto si pensava prima, però, il dolore non può essere ricondotto esclusivamente alla nocicezione, ma in esso si intreccia la componente fisica, l’elaborazione cosciente del cervello e i fattori emotivi. Non solo: può succedere che una persona provi dolore anche in assenza di nocicezione o di danno del tessuto, proprio perché nell’esperienza dolorifica coinvolge anche fattori più complessi. Le evidenze scientifiche degli ultimi decenni, infatti, hanno indicato che a influenzare la percezione e in alcuni casi la genesi del dolore stesso vi siano implicate componenti legati alla motivazione, alle emozioni e ai pensieri di ogni singola persona, nonché le sue esperienze e l’ambiente che la circonda. Questo tipo di modello per spiegare il dolore si chiama modello bio-psico-sociale, che incorpora tutti gli aspetti della vita di una persona che influiscono sull’esperienza del dolore. Questo vale soprattutto per il dolore cronico, ovvero quella disfunzione del sistema del dolore per cui esso si manifesta in maniera costante per un periodo superiore ai tre mesi e perdura anche in assenza di un danno ai tessuti.

La funzione del dolore

La quinta nota esplicativa parla della funzione del dolore, indicando che la maggior parte delle volte questa esperienza abbia un ruolo cosiddetto adattivo. Cosa vuol dire? Che il dolore si è sviluppato perché ha un profondo senso evolutivo, per quanto non ci piaccia. Infatti, quando il sistema del dolore funziona bene, esso ha un enorme potenziale: ci permette di proteggere i nostri tessuti da danni potenziali, di avvertirci quando qualcosa non va come dovrebbe e di assumere comportamenti che proteggono la nostra salute. Il problema è che non sempre il sistema del dolore funziona in maniera corretta: specie in caso di dolore cronico, esso perde la sua funzione di utile sistema di allarme, e diventa un peso importante sulla salute della persona, da un punto di vista fisico e di benessere mentale.

È importante capire che, anche in caso di dolore cronico, non bisogna darsi per vinti: sebbene spesso l’esperienza di dolore sia invalidante, essa, proprio perché si tratta di un sistema in cui entrano in gioco numerosi fattori, può essere tenuta sotto controllo attraverso diversi interventi, che vanno dall’assunzione di farmaci, all’attività fisica, ai trattamenti psicologici.

Fonti:
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