La tachicardia ventricolare è un’aritmia, un disturbo del ritmo cardiaco a partenza dai ventricoli. È un’aritmia ipercinetica caratterizzata dalla sequenza di un minimo di tre battiti ventricolari derivanti da impulsi elettrici diversi di origine ventricolare con una frequenza uguale o superiore a 100 battiti al minuto. Se tutti i battiti originano dalla stessa sede ventricolare la tachicardia si dice monomorfa, se i battiti ectopici derivano da sedi diverse dei ventricoli la tachicardia ventricolare si dice polimorfa. In base alla durata si definiscono sostenute (durano più di 30 secondi, oppure durano meno di 30 secondi ma creando instabilità emodinamica nel paziente) o non sostenute (durano meno di 30 secondi), tollerate o non tollerate in base all’eventuale perdita di coscienza del paziente durante l’aritmia.

Quali sono le cause?

La tachicardia ventricolare di solito insorge in pazienti con cardiopatie strutturali (cardiopatia ischemica, miocardiopatie), ma può insorgere anche in soggetti che presentano un’anomalia dell’attività elettrica del cuore in assenza di alterazione strutturale cardiaca. Tuttavia, episodi di tachicardia ventricolare, possono insorgere in soggetti con un cuore sano, in assenza di alterazioni strutturali e elettriche del cuore. Una forma particolare di tachicardia ventricolare è la “torsione di punta”: una forma polimorfa e a frequenza molto elevata, solitamente autolimitantesi, ma che può degenerare in fibrillazione ventricolare e arresto cardiaco.

Quali sono i sintomi della tachicardia ventricolare?

Il paziente con tachicardia ventricolare può manifestare diversi sintomi:

  • sintomi legati a una ridotta quantità di sangue in circolo: ipotensione, lipotimia, sincope (svenimento), scompenso cardiaco e dispnea (difficoltà respiratoria).
  • sintomi legati alla ridotta perfusione coronarica (angina): in pochi casi è ben tollerata e l’unico sintomo è rappresentato dalle palpitazioni (percezione di battito cardiaco accelerato).

Come si fa diagnosi?

La tachicardia ventricolare ad alta frequenza che crea instabilità emodinamica è un’urgenza medica. È importante, dove possibile, effettuare un’accurata anamnesi e esame obiettivo al fine di individuare le cause eventuali e definire la sintomatologia. Il medico specialista effettuerà un elettrocardiogramma dove l’aritmia, se presente, assumerà delle caratteristiche tipiche: sequenza ritmica di complessi QRS (espressione dell’attività ventricolare) larghi a frequenza compresa tra 130 e 200 battiti al minuto. I complessi QRS presenteranno diversa morfologia a seconda della sede di insorgenza dell’impulso elettrico ventricolare. Per completamento diagnostico è possibile effettuare un ecocardiogramma al fine di identificare eventuali cause sottostanti la genesi dell’aritmia.

Come si tratta?

La terapia deve essere instaurata con urgenza. Se il paziente è in stato di shock o ha perso coscienza, va effettuata la cardioversione elettrica. Se le condizioni emodinamiche sono stabili, si può cercare di ripristinare il ritmo sinusale con l’uso di farmaci per via endovenosa (amiodarone, propafenone o lidocaina). La terapia dell’aritmia deve essere accompagnata dall’individuazione di eventuali fattori scatenanti e loro correzione. La prevenzione della tachicardia ventricolare è basata sull’uso di beta-bloccanti e dell’amiodarone oltre che sul trattamento dell’eventuale patologia cardiaca di base. Nella maggior parte dei casi di tachicardia ventricolare sostenuta che compromette la stabilità emodinamica del paziente è consigliato il posizionamento di un defibrillatore impiantatile. In diversi casi è possibile prevenire la tachicardia ventricolare mediante l’ablazione del substrato aritmogeno.

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