Cos’è e quali sono le cause di stenosi aortica?
La stenosi aortica è una malattia della valvola aortica (che permette il passaggio di sangue dal ventricolo sinistro alla periferia del corpo) caratterizzata da un restringimento dell’apparato valvolare che ostacola il passaggio di sangue al di fuori del cuore. È una patologia in costante incremento a causa dell’aumento dell’età media, è tipica infatti dell’età avanzata (60-70 anni) conseguente a processi infiammatori e/o degenerativi cronici a carico delle strutture valvolari. Questi processi causano fibrosi e calcificazioni che irrigidiscono la valvola e ne impediscono la corretta apertura. La stenosi aortica genera un sovraccarico di pressione all’emissione del sangue sul ventricolo, che per compensare e adattarsi a questa situazione, ispessisce le proprie pareti (ipertrofia concentrica), comportando però un incremento di fatica per il cuore.La causa può essere anche riconducibile a patologie congenite (cardiomiopatia ipertrofica) o a malattia reumatica.
Quali sono i sintomi?
I sintomi del paziente con stenosi aortica si manifestano solo quando questa raggiunge un’entità critica, può quindi rimanere asintomatica per molto tempo. I sintomi tipici costituiscono una triade e sono: dispnea ad evoluzione progressiva, inizialmente solo sotto sforzo poi si presenta di notte fino a manifestarsi anche a riposo; angina (dolore toracico dovuto a un marcato aumento della richiesta di ossigeno da parte del cuore non adeguatamente sopportata); sincope (svenimento da riduzione della quantità di sangue messo in circolo ed espulso dal cuore a causa del restringimento valvolare). Nei casi più gravi ed avanzati possono essere presenti anche segni e sintomi di insufficienza cardiaca.
Come si fa diagnosi di stenosi aortica?
La diagnosi di stenosi aortica, soprattutto se di grado lieve, essendo asintomatica può essere occasionale durante un esame ecocardiografico di routine. In presenza di stenosi aortica di grado moderato o severo, la diagnosi si basa sulla sintomatologia e sulla presenza di un soffio cardiaco valutato mediante auscultazione del cuore da parte del medico. Durante la visita, il medico potrà richiedere ulteriori esami quali:
- Elettrocardiogramma (ECG): registra l’attività cardiaca del cuore. Permette di valutare l’eventuale presenza di segni di sovraccarico ventricolare sinistro e ipertrofia. Possono riscontrarsi disturbi di conduzione atrioventricolare.
- Ecocardiogramma: transtoracico o transesofageo. L’esame è il “gold standard” per la diagnosi perché consente con accuratezza (soprattutto mediante il transesofageo), di valutare la sede e l’entità della stenosi, la presenza di calcificazioni dell’apparato valvolare, l’ispessimento o ipertrofia del ventricolo sinistro e il flusso di sangue e la quantità di sangue espulso dal ventricolo sinistro mediante il color Doppler. Tutte queste valutazioni permettono di definire la gravità della stenosi aortica e di scegliere la giusta modalità di trattamento.
- Radiografia del torace: mediante raggi X ai polmoni consente di valutare eventuali anomalie di morfologia del cuore e segni di congestione polmonare.
Come si tratta?
La terapia della stenosi aortica dipende dalla gravità del vizio valvolare, dai sintomi che lo accompagnano, dalla presenza o meno di segni di disfunzione ventricolare sinistra e dalle caratteristiche del paziente. Nei pazienti che non hanno indicazione all’intervento chirurgico, la terapia medica consiste nel trattare eventuali segni e sintomi di scompenso del cuore e l’insorgenza di aritmie. In caso di intervento chirurgico, esso consiste nella maggior parte dei casi, nella sostituzione della valvola aortica con protesi biologica o meccanica. Nei pazienti sintomatici, con stenosi aortica grave ed elevato rischio chirurgico è possibile effettuare una valvuloplastica aortica percutanea.
Qual è la prognosi?
La stenosi aortica può rimanere silente e asintomatica per molti anni grazie al meccanismo di compenso del ventricolo sinistro. Quando compaiono i primi sintomi, inizia un rapido declino della funzionalità cardiaca che in mancanza di intervento chirurgico, può condurre a morte il paziente entro 2-6 anni.
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