In condizioni fisiologiche la conduzione dell’impulso elettrico dagli atri ai ventricoli percorre un’unica via costituita dal nodo atrioventricolare e dal fascio di His. Il nodo atrioventricolare ha il compito di proteggere i ventricoli da un’eventuale eccessiva attività degli atri, regola la quantità di impulsi che passano ai ventricoli impedendo un eccessivo aumento della frequenza ventricolare che potrebbe non essere compatibile con la vita. In alcuni casi esistono vie di conduzione accessorie tra atri e ventricoli che non svolgono la funzione di filtro tipica del nodo atrioventricolare, e in certi casi possono condurre gli impulsi ai ventricoli a frequenze molto elevate. La base anatomo-funzionale appena descritta è quella presente nella Sindrome di Wolff-Parkinson-White, una forma di tachicardia nodale su base congenita caratterizzata dalla presenza di una via accessoria al nodo atrioventricolare che in seguito ad un battito prematuro atriale (extrasistole) può essere responsabile dell’insorgenza di un’aritmia da rientro: l’impulso generalmente raggiunge i ventricoli attraverso il nodo atrioventricolare e rientra negli atri attraverso la via accessoria percorsa in senso inverso. Questo è il meccanismo più comune ma ci sono diverse modalità di genesi dell’aritmia da rientro.
Quali sono i sintomi?
La sindrome di Wolff-Parkinson-White può essere asintomatica o manifestarsi, di solito nei pazienti giovani come aritmia: tachicardia da rientro atrio-ventricolare o fibrillazione atriale. Si presenta sotto forma di palpitazioni (percezione di battito cardiaco accelerato), che iniziano improvvisamente e spesso durante l’esercizio fisico. Hanno durata variabile da alcuni secondi a molte ore. Quando gli episodi di tachicardia parossistica sopraventricolare da sindrome di Wolff-Parkinson-White si manifestano in età più avanzata e in pazienti con funzione cardiaca compromessa, causano ulteriori sintomi, quali sincope (svenimento), dispnea (difficoltà respiratoria) e dolore toracico. Spesso può rappresentare un’urgenza medica manifestandosi, soprattutto nei soggetti giovani con fibrillazione atriale. È una condizione pericolosa perché la via accessoria può condurre gli impulsi rapidi verso i ventricoli, con una frequenza ventricolare estremamente rapida e potenzialmente letale, potendosi facilmente trasformare in fibrillazione ventricolare.
Come si fa diagnosi?
Poiché la sindrome di Wolff-Parkinson-White modifica le modalità di attivazione elettrica del cuore, può essere diagnosticata mediante elettrocardiogramma (ECG), che registra l’attività elettrica del cuore. All’elettrocardiogramma caratteristico è associato l’accorciamento dell’intervallo PQ assieme alla presenza di onda delta (espressione di pre-eccitazione ventricolare dovuta alla presenza della via accessoria).
Come si tratta?
Episodi di tachicardia sopraventricolare, dovuti alla sindrome di Wolff-Parkinson-White, possono essere risolti mediante manovre di stimolazione del nervo vago che riducono la frequenza cardiaca. Qualora esse si rivelino inefficaci si può ricorrere alla terapia farmacologica mediante la somministrazione di verapamil (calcio-antagonista) o adenosina. Questi farmaci sono invece da evitare in caso di fibrillazione atriale condotta rapidamente attraverso la via accessoria, poiché possono in certi casi aumentare la frequenza di conduzione ai ventricoli attraverso la via accessoria e peggiorare l’aritmia. Il trattamento “gold standard” soprattutto nei soggetti giovani e sintomatici costretti a prendere antiaritmici a vita, è l’ablazione transcatetere della via accessoria (percentuale di successo prossima al 95 %). Prima di sottoporre il paziente a questa procedura, è necessario sottoporsi a studio elettrofisiologico per valutare le caratteristiche e la sede della via accessoria. Dopo un’ablazione efficace e in assenza di altri tipi di aritmia o di cardiopatia, non è necessaria alcuna terapia farmacologica.
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