La fibrillazione atriale è un disturbo del ritmo cardiaco caratterizzato da un’attivazione rapida e caotica degli atri dovuta alla genesi di impulsi elettrici multipli che hanno origine in sedi diverse dal nodo seno striale (pacemaker del cuore). Questa attività elettrica caotica compromette anche la contrattilità, cioè la capacità di contrazione, del miocardio (il muscolo del cuore). Il cuore, di conseguenza, non svolge più correttamente la sua attività di pompaggio del sangue generando una sofferenza di tutto l’organismo. In presenza di fibrillazione atriale, le cavità atriali subiscono continue ed incessanti sollecitazioni che, oltre a gravare sul cuore, sono del tutto inutili, in quanto la normale attività cardiaca non prevede impulsi così ravvicinati nel tempo. È infatti importante ricordare che troppe stimolazioni sovrapposte, come quelle che avvengono durante una fibrillazione atriale, non si traducono in altrettante contrazioni, in quanto il miocardio, una volta contratto, ha bisogno di tempo per rilassarsi e ritornare nuovamente recettivo ad un nuovo stimolo. La frequenza atriale durante l’episodio aritmico varia da 400 a 650 impulsi al minuto. Il numero di impulsi che raggiunge il nodo atrioventricolare è elevato ma per fortuna viene variamente bloccato limitando la frequenza ventricolare e impedendo l’insorgenza di un’aritmia ventricolare potenzialmente fatale.  Gli impulsi elettrici che si generano durante l’episodio di fibrillazione atriale provengono generalmente da cellule muscolari miocardiche presenti a livello della giunzione tra le quattro vene polmonari e l’atrio sinistro.

Quali sono le cause?

Le cause della fibrillazione atriale sono numerose. È molto frequente nei soggetti, in età medio-avanzata affetti da patologie strutturali del cuore (stenosi mitralica, infarto del miocardio). I disturbi cardiaci non sono le uniche patologie scatenanti una fibrillazione atriale. Ci sono altre cause scatenanti l’aritmia quali: ipertiroidismo, diabete mellito, malattie respiratorie, reflusso gastroesofageo, ernia iatale, obesità. Infine concorrono allo sviluppo di una fibrillazione atriale, in un individuo sano, anche circostanze non patologiche che determinano fenomeni isolati, ad esaurimento spontaneo, quali eccesso di fumo, abuso di alcol, caffeina, ansia, droghe e eccesso di alcuni farmaci. La fibrillazione atriale può manifestarsi anche in assenza di cause apparenti (fibrillazione atriale isolata).

Classificazione della fibrillazione atriale

Esistono tre tipi di fibrillazione atriale, classificati in base alla modalità di insorgenza e alla durata:

  • Fibrillazione atriale parossistica: insorge improvvisamente, non dura più di 7 giorni e di solito entro 24-48 ore torna spontaneamente al ritmo cardiaco originario fisiologico. Per definizione risponde sempre alla terapia.
  • Fibrillazione atriale persistente: si distingue in persistente di breve durata quando dura meno di 7 giorni o persistente di lunga durata quando dura più di 7 giorni ma meno di un anno. La risposta alla terapia è variabile.
  • Fibrillazione atriale permanente: durata indefinita e non responsiva a terapia.

Di fronte ad un primo episodio di fibrillazione atriale mai precedentemente documentato si parla di fibrillazione atriale di nuova insorgenza.

Quali sono i sintomi?

La fibrillazione atriale può rimanere asintomatica o manifestarsi con palpitazioni (percezione di battito cardiaco accelerato) e dispnea (difficoltà respiratoria definita come “fame d’aria”). L’aumento della frequenza cardiaca aumenta conseguentemente il consumo di ossigeno del cuore generando dolore toracico anginoso, debolezza, vertigine. Nei casi più gravi può manifestarsi con lipotimie e sincope (svenimento) o con una delle complicanze più frequenti e importanti di questa patologia: ictus cardioembolico e sua variabilità clinica.

Come si fa diagnosi di fibrillazione atriale?

È importante sottoporsi ad una visita cardiologica. Il medico effettuerà un’anamnesi accurata al fine di valutare i sintomi e individuare le eventuali cause e fattori scatenanti. L’esame obiettivo se effettuato in corso di fibrillazione atriale, la metterà in evidenza mediante valutazione del polso radiale dove si potrà apprezzare una frequenza cardiaca totalmente irregolare e una variabilità di ampiezza dei battiti. È importante effettuare l’auscultazione del cuore per definire meglio la frequenza e identificare eventuali soffi da malattia valvolare cardiaca. L’elettrocardiogramma è l’esame strumentale “gold standard” per la diagnosi di fibrillazione atriale mettendone in evidenza le caratteristiche tipiche: irregolarità del ritmo e assenza di onda P (che ne dimostra l’attività elettrica caotica degli atri non più governata esclusivamente dal nodo seno atriale). Nei casi di fibrillazione atriale sporadici è possibile ricorrere all’ECG Holter che registra l’attività elettrica del cuore nelle 24 ore. Per fare una diagnosi eziologica e capire la causa sottostante la fibrillazione atriale, qualora si sospetti una malattia cardiaca, si può ricorrere all’ecocardiogramma. L’ecografia del cuore mediante una sonda ad ultrasuoni di solito posta sul torace permette di studiare la morfologia delle camere cardiache, delle strutture valvolari e la loro funzionalità.

Come si tratta la fibrillazione atriale?

La terapia da adottare dipende dal tipo di fibrillazione atriale, dalla durata, dalle cause sottostanti e dalla sintomatologia che il paziente riferisce, ed è importante valutare e capire se quest’aritmia compromette la qualità di vita del paziente. Se sono presenti fattori scatenanti in assenza di patologia strutturale cardiaca sarà necessario rimuoverli. A seguito di queste valutazioni si deciderà riguardo ad un tentativo di ripristino del ritmo sinusale o di controllo della frequenza. Il ripristino del ritmo sinusale può essere effettuato mediante:

  • Cardioversione elettrica o farmacologica: in genere si procede con questa modalità di trattamento nel caso di fibrillazione atriale di nuova insorgenza, nell’arco di massimo 24-48 ore.
  • In presenza di instabilità emodinamica si preferisce effettuare una cardioversione elettrica immediata.
  • Se l’aritmia non è di nuova insorgenza o non è possibile datarla e il paziente non presenta instabilità emodinamica, si rimanda la cardioversione (generalmente elettrica) a tre-quattro settimane dopo trattamento anticoagulante.
  • Nei casi non responsivi a cardioversione elettrica e farmacologica si può valutare l’opzione di ablazione transcatetere della fibrillazione atriale mediante la quale è possibile “bruciare” le foci ectopiche generanti impulsi elettrici anomali frequentemente localizzate in atrio sinistro in corrispondenza dello sbocco delle vene polmonari. Le foci ectopiche vengono isolate mediante radiofrequenza, che le trasformerà in aree cicatriziali non più funzionanti.

Nei pazienti in cui si è ripristinato il ritmo cardiaco dopo cardioversione elettrica o farmacologia è possibile continuare con un trattamento medico a base di farmaci antiaritmici (amiodarone, felcainide, propafenone a seconda dei casi) per prevenire le recidive. Un’altra modalità di trattamento della fibrillazione atriale che in termini di efficacia si è dimostrata equivalente al ripristino del ritmo sinusale è quella del controllo della frequenza cardiaca. Il controllo della frequenza richiede l’uso di terapia medica con beta-bloccanti, calcio-antagonisti o digossina (anche se quest’ultima è meno utilizzata per i possibili effetti collaterali). La scelta della modalità di trattamento della fibrillazione atriale dipende dalle caratteristiche del paziente, dalla causa sottostante e dalle caratteristiche dell’aritmia. In trattamento cronico, nei pazienti ad alto rischio tromboembolico, è indicato il trattamento con anticoagulanti orali in modo da prevenire l’insorgenza di ictus cerebrale.

Prevenzione della fibrillazione atriale

Anche se molte persone convivono con questo disturbo del ritmo cardiaco e possono condurre a lungo una vita soddisfacente, la fibrillazione atriale non va sottovalutata dato che può avere conseguenze molto negative. Per questo motivo, è importante che, soprattutto i pazienti con malattia cardiaca nota, eseguano dei controlli cardiologici periodici.

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