L’angina pectoris è una malattia delle coronarie (i vasi sanguigni che vascolarizzano il cuore) dovuta a una riduzione temporanea del flusso di sangue in una determinata regione del cuore, responsabile della sintomatologia caratteristica di questa patologia. Il termine angina pectoris deriva dal latino “angina” = dolore e “pectoris” = petto che fa riferimento al sintomo principale: dolore al petto in sede retrosternale. Il senso di costrizione al petto è causato dalla temporanea diminuzione del flusso di sangue alle cellule del cuore (ischemia miocardica transitoria), che risulta insufficiente per soddisfare le esigenze del miocardio. La reversibilità di questa condizione differenzia l’angina dall’infarto, evento ben più grave che si associa a necrosi (morte) del tessuto cardiaco.
Quali sono le cause?
Le cause di questa ischemia sono spesso riconducibili a malattia arteriosclerotica a carico dei vasi coronarici del cuore. L’aterosclerosi coronarica si caratterizza per la formazione di placche lipidiche sulla parete delle arterie che aumentando di dimensioni, attraverso l’ulcerazione e la formazione brusca di un coagulo sovrastante il punto di lesione, determinano una riduzione del lume vasale e quindi del passaggio di sangue al tessuto cardiaco. Il restringimento del lume delle coronarie può avvenire più raramente anche per spasmo dei vasi sanguigni del cuore, solitamente senza alterazioni aterosclerotiche (angina variante o di Prinzmetal) o a causa di malattie della microcircolazione da disfunzione endoteliale (angina microvascolare o sindrome X). Esistono dei fattori scatenanti che possono precipitare una situazione già deficitaria per la presenza di malattia coronarica quali: anemia, tachicardia, crisi ipertensiva, sforzi fisici più o meno intensi, freddo, rapporti sessuali, forti emozioni, stress, pasti pesanti.
Quali sono i fattori di rischio?
Essendo la malattia coronarica la causa più frequente di angina pectoris, i fattori di rischio saranno quelli maggiormente responsabili della genesi di questa malattia quali:
- Sedentarietà (ridotta attività fisica)
- Obesità
- Dieta (eccesso di calorie, di grassi saturi, di zuccheri semplici e di colesterolo; dieta carente in fibre, vitamine, pesce e acidi grassi polinsaturi)
- Fumo, alcool e droghe
- Stress eccessivo
- Familiarità per malattie cardiovascolari
- Sindrome metabolica: insieme di fattori di rischio cardiovascolare presenti contemporaneamente nello stesso individuo
- Dislipidemia: colesterolo LDL (cattivo) alto e colesterolo HDL (buono) basso
- Menopausa
- Ipertensione arteriosa
- Diabete mellito
Classificazione dell’angina pectoris
Esistono diverse forme di angina pectoris:
- Angina stabile: è una sindrome coronarica cronica che si manifesta più frequentemente come angina da sforzo, da freddo o da stress. E’ la forma più diffusa e solitamente insorge in seguito ad uno sforzo fisico di varia intensità in base al grado di restringimento delle coronarie. La sintomatologia ha la stessa intensità durante lo sforzo e regredisce subito dopo la cessazione dello stesso.
- Angina instabile: è una sindrome coronarica acuta caratterizzata da instabilità del quadro clinico, la sintomatologia può manifestarsi sia a riposo sia durante uno sforzo e ha un’intensità variabile e tendenzialmente progressivamente maggiore. È una forma di angina di recente insorgenza, di solito da meno di un mese.
- Angina silente: è una condizione transitoria in cui si verifica una discrepanza tra il consumo e l’apporto di ossigeno al miocardico. A differenza delle altre forme di angina si caratterizza per l’assenza di sintomi, quindi di dolore. Tale condizione è solitamente tipica dei diabetici e di chi ha già sofferto in passato di ischemie o di infarto miocardico.
- Angina variante o di Prinzmetal: si tratta di un quadro clinico piuttosto raro, caratterizzato da comparsa di angina a riposo. Solitamente l’attacco anginoso tende a manifestarsi sempre alla stessa ora del giorno, spesso di notte. È dovuta ad uno spasmo coronarico eccessivo (restringimento improvviso del lume delle coronarie).
Quali sono i sintomi?
Il sintomo caratteristico di questa malattia che ne definisce anche il nome è il dolore. È un dolore tipico, può variare in base alle tipologie di angina pectoris ma, tendenzialmente, è un dolore al petto, in sede retrosternale che si irradia alla spalla e al braccio sinistro, allo stomaco, al collo fino alla mandibola. La durata del dolore è variabile in relazione al tipo di angina ma di solito non supera i 20-30 minuti. Il dolore è spesso riferito dai pazienti come un senso di oppressione toracica (come se ci fosse un peso sul torace), è un dolore gravativo. Si accompagna a sintomi neurovegetativi quali: nausea, vomito, sudorazione, pallore e dispnea (difficoltà a respirare). In genere tale sintomatologia è aggravata dall’attività fisica, dall’aria fredda, dallo stress e da tutte le altre situazioni in cui le richieste energetiche del cuore aumentano rispetto alla condizione di riposo.
Come si fa diagnosi?
La diagnosi è basata sull’anamnesi mediante la quale il medico cerca di ricostruire la storia clinica del paziente e individuare la presenza di eventuali fattori di rischio. In questi pazienti in genere l’esame obiettivo, l’elettrocardiogramma (fornisce informazioni soltanto durante l’attacco anginoso) e la radiografia del torace sono normali, per questi motivi ai fini diagnostici bisogna eseguire indagini strumentali mirate. Tra queste:
- Ecocardiografia: è un esame strumentale non invasivo e privo di radiazioni, è un’ecografia del cuore che permette di valutarne l’anatomia e il funzionamento. Può essere transtoracico (la sonda ecografica viene messa sul torace) o transesofageo (è un esame endoscopico con sonda ecografia che viene inserita nell’esofago; fornisce informazioni molto dettagliate sul cuore).
- ECG Holter: è una registrazione dell’attività elettrica del cuore durante le 24 ore. Consente di registrare l’attività elettrica del cuore nella vita di tutti i giorni e soprattutto nelle situazioni in cui il paziente riferisce di avere la sintomatologia.
- Test da sforzo: è l’esame di provocazione dell’ischemia. Ponendo sotto sforzo il paziente mediante l’uso di una cyclette o di un tapis-roulant e effettuando una registrazione elettrocardiografica e della pressione sanguigna durante tutto il test. L’esame permette di valutare segni di sofferenza miocardica e di carenza di ossigeno all’elettrocardiogramma man mano che aumenta lo sforzo, rendendo manifesta l’angina. Viene interrotto alla comparsa di sintomi, alterazioni elettrocardiografiche, pressione arteriosa elevata o una volta raggiunta l’attività massimale per quel paziente in assenza di segni e sintomi indicativi di ischemia.
- Scintigrafia miocardica: può essere eseguita sia a riposo che sotto sforzo, tramite l’introduzione di uno speciale mezzo di contrasto in grado di fissarsi alle cellule del cuore. In questo modo è possibile valutare lo stato di salute delle coronarie in base alla distribuzione del tracciante all’interno dei vasi sanguigni.
- Coronarografia: è l’esame “gold standard” per la visualizzazione dell’anatomia delle coronarie e di eventuali restringimenti ad esse associati. Viene effettuata mediante somministrazione di mezzo di contrasto (a partenza generalmente dall’arteria radiale del braccio) che si distribuirà all’interno dei vasi seguendo le loro caratteristiche e permettendo, mediante indagine radiologica con raggi X, di individuare eventuali anomalie. Grazie all’anestesia locale, effettuata in sede di puntura, l’esame non è doloroso, mentre la liberazione del mezzo di contrasto può produrre una breve e localizzata sensazione di calore o tensione.
- TAC coronarica: è molto utile se si vuole effettuare una diagnosi non invasiva, con risultati quasi sovrapponibili alla coronarografia che rimane il gold standard .
Come si tratta l’angina pectoris?
La prima cosa da fare è eliminare e/o ridurre il più possibile tutti i fattori di rischio, quindi:
- Praticare esercizio fisico costante tutti i giorni
- Seguire una dieta bilanciata e ipocalorica
- Non fumare
- Non assumere alcool e droghe
- Iniziare un trattamento farmacologico per la sindrome metabolica, il diabete, la dislipidemia
Le modifiche dello stile di vita possono essere accompagnate da un trattamento farmacologico mediante l’uso di:
- Nitroglicerina: somministrata per via sublinguale, provoca un sollievo immediato dei sintomi (angina stabile) mediante la vasodilatazione delle arterie che permette di aumentare il flusso di sangue nella regione di tessuto miocardico sofferente.
- Aspirina: fluidifica il sangue svolgendo un’azione antiaggregante. Previene la formazione di trombi nelle arterie. La stessa azione viene svolta anche da altri farmaci antipiastrinici (ticlopidina, clopidogrel, prasugrel e ticagrelor), che possono essere somministrati in alternativa o in associazione all’aspirina stessa.
- Beta-bloccanti: abbassano la frequenza cardiaca, riducendo il lavoro del cuore e la sua richiesta di ossigeno.
- Calcio-antagonisti: hanno un’azione di vasodilatazione sulle coronarie che consente di aumentare il flusso di sangue al cuore.
- Statine: utilizzate per controllare i livelli di colesterolo nel sangue, in particolare del colesterolo “cattivo” (LDL). La riduzione della quantità di colesterolo circolante nel sangue, riduce la formazione delle placche aterosclerotiche.
Se il trattamento farmacologico non è sufficiente, è possibile agire direttamente sui vasi sanguigni del cuore mediante:
- Trattamento interventistico: effettuato mediante angioplastica coronarica con o senza stent. L’angioplastica consiste nell’incannulamento di un catetere a monte dell’arteria ostruita, dove generalmente il sito d’accesso arterioso è rappresentato dall’arteria femorale. Segue l’introduzione lungo il filo guida di un catetere a palloncino. Raggiunta la stenosi, si gonfia il palloncino, schiacciando la placca verso le pareti del vaso e rendendolo quindi più ampio eliminando il restringimento. La visione endoscopica ed il controllo radiografico permettono la corretta scelta ed il giusto posizionamento del palloncino. Durante l’esame il paziente può avvertire un episodio di dolore toracico nel momento in cui il palloncino viene gonfiato, occludendo momentaneamente il flusso di sangue nell’arteria. Al palloncino, per limitare il rischio di recidiva si può associare l’introduzione di uno stent (protesi metallica, simile ad una rete, che rimane adesa alla parete vascolare impedendone un nuovo restringimento). L’adesione alla parete vascolare può essere spontanea (stent autoespandibili) o favorita dalla pressione esercitata dal palloncino. Il mantenimento della pervietà ottenuta può essere favorito da appositi farmaci applicati sulla superficie dello stent (si parla in questi casi di stent medicato) e rilasciati in maniera graduale.
- Trattamento chirurgico: intervento cardiochirurgico di bypass aortocoronarico che prevede l’utilizzo di condotti vascolari (di origine venosa o arteriosa) in grado di “bypassare” il punto di restringimento delle coronarie, facendo comunicare direttamente la porzione a monte con quella a valle della stenosi.
- La scelta della procedura più idonea o l’eventuale ricorso al classico intervento chirurgico di bypass aortocoronarico, spetta allo staff medico sulla base delle informazioni raccolte durante gli esami di preparazione all’intervento.
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