Di Chiara Di Lucente

Storia e funzionamento dietro uno degli esami di accertamento più utilizzati nella pratica clinica

“Come tenere traccia dell’attività cardiaca ed evidenziarne i problemi in maniera preventiva? Tutto iniziò nel 1902, grazie al fisiologo olandese di nome Willem Einthoven. Lo scienziato stava studiando un modo per seguire, in maniera poco invasiva, le funzioni del cuore, conscio che in molte malattie che mettono a rischio l’incolumità di chi ne è affetto, è proprio il modo anomalo con cui il muscolo cardiaco si contrae e pompa sangue a giocare un ruolo fondamentale. Per farlo, si affidò alle conoscenze sulle tecniche di misurazione dell’elettricità e sul lavoro di Cartesio, filosofo francese vissuto più tre secoli prima. Infatti, sebbene sia morto nel 1650, Cartesio svolge un ruolo fondamentale in questa vicenda, in quanto può essere considerato l’inventore della geometria analitica: nel suo lavoro sulla rifrazione della luce ne disegnò l’elaborazione grafica e indicò alcuni punti cruciali per la sua analisi, chiamandoli P e Q (teneteli a mente, perché la loro funzione si intreccerà a doppio filo con lo strumento protagonista di questa storia).

Ma torniamo al nostro fisiologo: Einthoven verificò che, posizionando alcuni elettrodi, e cioè dispositivi in grado di condurre elettricità, in specifici punti del corpo, si riusciva a ottenere un’elaborazione grafica che rifletteva l’attività del cuore, e cioè come esso si contraesse per spingere sangue all’esterno, verso il resto del corpo, e si rilassasse per incamerare di nuovo sangue. Era stato inventato l’elettrocardiogramma, detto anche ECG: meno di dieci anni più tardi, molte aritmie e alterazioni dell’ECG associate a malattie cardiache come l’angina e l’aterosclerosi furono identificate tempestivamente, e, nel 1924, Willem Einthoven ricevette il Premio Nobel per la Medicina per il suo lavoro, che gettò le basi della tecnica più utilizzata per indagare i disturbi cardiaci. Al giorno d’oggi, infatti, la maggior parte di noi si è sottoposto almeno una volta a un esame elettrocardiografico: dopo Einthoven, l’ECG è stato presto riconosciuto come uno strumento diagnostico clinico affidabile e utilizzato a livello globale in quasi tutte le strutture sanitarie.

Anatomia di un battito cardiaco

Per capire meglio cosa significhino quelle strane linee che leggiamo sul tracciato dell’ECG, è bene conoscere, anche senza scendere troppo nei dettagli, come funziona il cuore e in particolare la sua componente elettrica. Il cuore è un organo muscolare, costituito cioè da un tessuto che assomiglia per molti aspetti a quello di cui sono fatti i nostri muscoli, ed è composto da quattro camere cave, divise anatomicamente e per funzioni: le camere superiori si chiamano atri, e hanno lo scopo di accogliere il sangue che arriva dalle vene, mentre le camere inferiori si chiamano ventricoli, e hanno lo scopo, attraverso una forte contrazione muscolare, di pompare il sangue raccolto nelle arterie del sistema circolatorio, in modo che possa arrivare a tutte le porzioni del corpo, anche le più periferiche. Non solo: esiste una differenza anche tra parte destra del cuore e parte sinistra. Funzione della prima, infatti, è accogliere il sangue, povero di ossigeno, che arriva dalla circolazione di tutto il corpo e inviarlo alla cosiddetta circolazione polmonare, in cui esso, passando attraverso i polmoni, cede anidride carbonica e acquista ossigeno; dopo di che il sangue ri-ossigenato sarà accolto nell’atrio sinistro e poi sarà spinto nella circolazione sistemica (quella che arriva a tutto il corpo) grazie al ventricolo sinistro. Così, per almeno 70-80 volte al minuto: questo è quello che succede durante un battito cardiaco.

Ma come è possibile che tutto ciò accada in maniera così efficiente e precisa? Descritto così, il cuore sembrerebbe una semplice pompa meccanica, che ha lo scopo di incamerare sangue e farlo dirigere ora in un compartimento corporeo, ora in un altro. Affinché però tutte queste contrazioni di tessuto muscolare siano sincronizzate l’una con l’altra, e che tutto il ciclo si ripeta in maniera regolare in modo da permettere sempre al corpo di essere irrorato da sangue adeguatamente, il cuore possiede un’attività elettrica, un po’ come i circuiti che animano e fanno funzionare i nostri elettrodomestici. Oltre alle cellule muscolari che costituiscono il cuore, infatti, ce ne sono altre che sono in grado di inviare, ricevere e integrare segnali elettrici, e grazie a loro il lavoro meccanico di pompaggio del sangue avviene in modo sincronizzato: esse costituiscono il cosiddetto sistema di conduzione cardiaca. In particolare, ci sono alcune cellule di una piccola regione cardiaca chiamata nodo seno-atriale che vengono chiamate pacemaker, proprio come i dispositivi che si installano nelle persone con problemi cardiaci: scopo di queste cellule è dare l’impulso elettrico che segna l’inizio di un battito cardiaco. Dalle cellule pacemaker poi l’impulso elettrico arriverà alle diverse strutture cardiache grazie al sistema di conduzione cardiaca, seguendo un ordine spaziale e temporale ben preciso.

L’elettrocardiogramma, oggi

È questo che rileva l’elettrocardiogramma: l’attività elettrica del cuore in ogni fase di un ciclo cardiaco. L’esame è ambulatoriale, e il medico che lo esegue posiziona sulla pelle pulita di braccia, gambe e torace gli elettrodi. I segnali elettrici del cuore vengono registrati dalla macchina che li trasforma in un grafico chiamato tracciato elettrocardiografico: il primo segnale registrato dagli elettrodi è quello delle cellule pacemaker che faranno disegnare la prima onda, detta onda P (qui tornano i punti P di cartesiana memoria); seguiranno poi le altre onde, che indicano le diverse fasi del battito cardiaco. Quando c’è qualcosa che non va – per esempio una lesione al tessuto cardiaco come in caso di infarto del miocardio – gli impulsi elettrici verranno trasmessi a fatica, e l’elettrocardiogramma evidenzierà un’anomalia: da qui l’estremo potenziale diagnostico di questa tecnica.

L’ECG è quindi una tecnica diagnostica non invasiva che ha un impatto clinico sostanziale sulla diagnosi e la prevenzione delle malattie cardiovascolari. Per esempio l’ECG può aiutare a fare luce sulla funzione del cuore in caso di sintomi sospetti come dolori al petto, palpitazioni, vertigini e difficoltà respiratorie. Non solo: questa tecnica è sempre più utilizzata per il monitoraggio di pazienti in terapia con farmaci contro le aritmie – i disturbi del ritmo cardiaco, in cui esso risulta irregolare, accelerato o decelerato- e altri farmaci ad azione cardiaca, come parte integrante dello screening di persone che fanno lavori ad alto rischio cardiovascolare, per il monitoraggio della salute degli sportivi.

Fonti:
  • https://www.issalute.it/index.php/la-salute-dalla-a-alla-z-menu/e/ecg-elettrocardiogramma-esami-di-accertamento#l%E2%80%99esame
  • Sattar Y, Chhabra L. Electrocardiogram. 2021 Jul 31. In: StatPearls [Internet]. Treasure Island (FL): StatPearls Publishing; 2021 Jan–. PMID: 31747210.
  • Hurst JW. Naming of the waves in the ECG, with a brief account of their genesis. Circulation. 1998 Nov 3;98(18):1937-42. doi: 10.1161/01.cir.98.18.1937. PMID: 9799216.