Di Chiara Di Lucente

500.000: è questo il numero di pazienti che, secondo i dati Istat, ogni anno ricorre alla chirurgia protesica, la branca della chirurgia che si occupa della sostituzione, parziale o totale, di articolazioni con materiali in grado di resistere all’usura del tempo. Si tratta di una cifra in costante e rapido aumento: tutto ciò è possibile grazie alla ricerca e allo sviluppo di nuove metodologie chirurgiche e all’impiego di materiali innovativi, che hanno fatto raggiungere alla chirurgia protesica traguardi assolutamente ambiziosi.

Se pensate alle protesi di una volta, siete fuori strada: adesso non si tratta più di semplici sostituzioni di porzioni di articolazioni, ma adesso i sistemi protesici sono complessi meccanismi articolari in cui le esigenze del singolo paziente sono al centro dell’intera realizzazione. Questo si traduce in un notevole miglioramento della qualità della vita: negli ultimi anni, infatti, gli impianti di protesi hanno permesso il completo recupero da parte delle persone che, spesso a causa di patologie degenerative come l’artrosi, avevano perso l’autonomia nelle attività quotidiane. 

Nelle prossime settimane, vi parleremo della chirurgia d’eccellenza delle cliniche del gruppo Synergo: questa settimana iniziamo con il dottor Giovanni Di Ianni, specialista in Ortopedia e Traumatologia in Clinica Pierangeli e da anni impegnato nello studio della chirurgia protesica degli arti inferiori e superiori. Il dottor Di Ianni ha iniziato un lavoro specifico sull’utilizzo di metodologie innovative e tecniche che permettono di migliorare i trattamenti di chirurgia protesica e di ridurre le complicanze associate agli interventi, grazie alla collaborazione e al confronto con specialisti del settore e alla fine di un processo di apprendimento durato oltre sette anni.

In particolare, il dottor Di Ianni si occupa di protesi con strumentazione specifica, tecniche chirurgiche mini-invasive per le protesi d’anca e utilizzo di materiali che siano il più compatibili possibili con l’organismo.

Le tecniche di chirurgia protesica con strumentazione specifica sfruttano un accurato e complesso sistema di studio attraverso tomografia computerizzata (TC), che viene eseguita prima dell’intervento chirurgico; grazie alle immagini ottenute grazie a stampanti 3D i medici realizzano una riproduzione della protesi da impiantare che sia il più vicina possibile all’articolazione malata, in modo da ottenere un ripristino anatomico e biomeccanico il più possibile vicino al funzionamento fisiologico dell’articolazione, riducendo le complicanze e i tempi chirurgici.

Le tecniche mini-invasive, invece, permettono il posizionamento della protesi senza ledere strutture fondamentali dell’articolazione: questo vale soprattutto nella chirurgia dell’anca in cui l’adozione di questa tecnica chirurgica (detta anche AMIS, anteriore mini-invasiva) comporta un recupero più rapido, la riduzione di complicanze e una maggiore stabilità articolare.

Infine, l’utilizzo di materiali il più possibile biocompatibili (ovvero con proprietà meccaniche, chimiche ed elettriche che non danneggino i sistemi biologici e che siano tollerabili con il nostro organismo), come ad esempio il pyrocarbonio, il polietilene altamente reticolato e le leghe di titanio, rappresentano una risorsa ulteriore per ottimizzare il risultato dell’intervento chirurgico.

Grazie alle loro caratteristiche, infatti, è possibile raggiungere ottimi risultati in termini di recupero funzionale, tollerabilità ed esiti dell’intervento.

Abbiamo intervistato il dottor Di Ianni proprio riguardo questo tipo di chirurgia. “Lo sviluppo e lo studio di nuove metodologie e di nuovi materiali ha influito positivamente nel raggiungere questi traguardi cosi ambiziosi per la chirurgia protesica, tanto che la diffusione di questi interventi è aumentata a livelli esponenziali” afferma il professionista pescarese, mettendo in guardia però sulla necessità di indicazioni adeguate per questi interventi.

“Pur essendoci oggi un alto livello di sicurezza per tali interventi, la chirurgia di elezione nelle patologie degenerative deve avere una sua precisa collocazione in termini di indicazione. La percentuale di complicazioni legate all’intervento, seppure molto bassa, è una realtà che va assolutamente spiegata e illustrata al paziente, con cui bisogna condividere la scelta del trattamento”, continua Di Ianni.

“Infine bisogna evitare la corsa alla protesi, che rappresenta oggi uno dei maggiori elementi di spesa del sistema nazionale: molti infatti sono i veicoli di pubblicità e marketing aziendale che spingono il paziente a operarsi. L’elevata mobilità passiva – e cioè quel fenomeno secondo cui i cittadini cercano e ottengono cure al di fuori della loro regione di residenza, ndr – è proprio figlia di questa politica. La realtà clinica ci dimostra, invece, che anche nel nostro territorio è possibile una chirurgia di eccellenza”.

La prossima settimana vi parleremo di un altro specialista della chirurgia protesica, e vi lasciamo un indizio: vi abbiamo parlato di lui in una notizia molto importante per il panorama sportivo abruzzese.

Fonti:
  • Ligresti C, Facchin F, Armstrong DG, Carvalho Guedes MJ, Oliveros C, Marques Rodrigues A, et al. Practical Management of Skin Lesions during COVID-19 Pandemic – IAWC International Academy of Wound Care. World J Surg Surgical Res. 2020; 3: 1253..
  • Frykberg RG, Banks J. Challenges in the Treatment of Chronic Wounds. Adv Wound Care (New Rochelle). 2015;4(9):560-582. doi:10.1089/wound.2015.0635