Di Chiara Di Lucente

Storia dello scienziato ungherese che ha capito per primo la minaccia delle infezioni e l’importanza di un gesto semplice quanto fondamentale per preservare la nostra salute

Aprire l’acqua, prelevare una piccola quantità di sapone o di soluzione detergente, sfregare accuratamente, risciacquare: è un’azione che facciamo quotidianamente, in maniera quasi automatica. In effetti, lavarsi le mani è il gesto più semplice per prendersi cura della nostra salute. Negli ultimi due anni, poi, con la pandemia da Covid-19, è diventato un imperativo per evitare il più possibile l’aumentare dei contagi, ma non è sempre stato così: fino a due secoli fa il potenziale preventivo dell’igiene delle mani veniva completamente ignorato dalla comunità medica e scientifica, tanto che negli ospedali le morti a seguito di infezioni erano molto più diffuse rispetto a oggi. Fu un medico ungherese di nome Ignác Semmelweis a capire che bastava questo semplice gesto per proteggere la salute delle partorienti ricoverate nel suo reparto di ostetricia. Per questo, Semmelweis venne chiamato “il salvatore di madri”, ma la sua intuizione gli valse anche lo scetticismo della comunità scientifica, tanto che porta il suo nome anche la tendenza a rigettare nuove evidenze che vadano contro paradigmi prestabiliti. Oggi conosciamo la sua storia.

La piaga della febbre puerperale

Semmelweis nacque nel 1818 in quella che oggi è Budapest, in Ungheria, da una famiglia agiata di origini tedesche. Si iscrisse all’Università di Vienna, in Austria, per studiare medicina, laureandosi nel 1844; due anni dopo iniziò a lavorare nel reparto di ostetricia dell’ospedale di Vienna come primo assistente. All’epoca la clinica ospitava, nello stesso reparto, due diverse divisioni: nella prima divisione operavano solo gli studenti di medicina in fase di formazione, mentre nella seconda divisione erano le ostetriche ad assistere alle nascite. Durante il primo anno di servizio, Semmelweis si accorse che nel suo reparto c’era qualcosa che non andava: le donne ricoverate in prima divisione che morivano dopo il parto per la cosiddetta febbre puerperale erano nettamente di più di quelle ricoverate in seconda divisione.

In effetti, la febbre puerperale era una piaga che affliggeva comunemente i reparti di ostetricia in tutta Europa. I tassi di morte post-parto superavano anche il 10% delle donne ricoverate: una vera e propria epidemia. Adesso sappiamo che le morti delle partorienti erano dovute alle infezioni delle ferite che potevano insorgere nel canale genitale durante il travaglio, ma prima di Semmelweis la febbre puerperale era un problema tanto noto quanto misterioso: la comunità medica cercava di trovargli una spiegazione plausibile da secoli, formulando diverse ipotesi anche decisamente fantasiose (come ricercarne la causa nell’imbarazzo provato dalle madri per essere state visitate da medici maschi), ma senza successo. Ciò che accadeva nella prima divisione del reparto di ostetricia dell’ospedale di Vienna, poi, era ancora più strano: diversi comitati indagarono sulla faccenda, senza riuscire a venirne a capo. Il giovane medico intuì però che si doveva trattare di qualcosa che avesse a che fare con la pratica clinica, cercando quindi le differenze (oltre chiaramente al numero delle morti) tra la prima e la seconda divisione.

L’intuizione di Semmelweis

Fu l’anno dopo che un evento tragico cambiò le sorti di quella che sarebbe diventata la medicina preventiva: nel marzo 1847, infatti, Semmelweis ricevette la notizia che un suo caro amico, il patologo forense Jakob Kolletschka, fosse morto dopo che uno studente di medicina lo aveva accidentalmente ferito durante un’autopsia. Esaminando i risultati dell’autopsia di Kolletschka, Semmelweis si era accorto che essi non differivano da quelli delle tante donne che aveva visto morire nella prima divisione del reparto di ostetricia dell’ospedale di Vienna. Per il medico ungherese fu una folgorazione: Kolletschka doveva essere morto per la stessa causa per cui le donne morivano con la febbre puerperale. Ma come poteva accadere un fenomeno simile?

All’epoca non si conoscevano virus e batteri, ma Semmelweis attribuì la causa delle febbri puerperali a cosiddette “particelle cadaveriche”, le stesse che avevano infettato Kolletschka durante l’autopsia. In effetti, il ragionamento filava: all’epoca gli assistenti medici della prima divisione eseguivano le autopsie senza guanti e poi visitavano le donne ricoverate in ostetricia (proprio perché non si sapeva nulla della minaccia dei germi e delle infezioni, questa era una pratica ritenuta assolutamente normale). A dir la verità, dopo le autopsie i medici si lavavano le mani con acqua, ma evidentemente non abbastanza per rimuovere le “particelle cadaveriche”, che poi venivano trasmesse alle partorienti. Le ostetriche, invece, non eseguivano autopsie: ecco spiegato il motivo della notevole differenza tra il numero delle morti in prima divisione e quelle in seconda divisione.

Eppure il metodo scientifico richiede che, a ipotesi formulata, segua una dimostrazione pratica. Pertanto, nel maggio 1847, Semmelweis mise a punto una soluzione igienizzante a base di ipoclorito di calcio, con cui i medici della prima divisione dovevano lavare le mani prima di visitare le pazienti in reparto travaglio. I risultati furono incredibili: nella prima divisione la mortalità delle madri precipitò dal 7,8% all’1,8%. Nel 1848, a un anno dall’adozione di questo metodo profilattico, la mortalità materna nella prima divisione scese all’1,27%, una percentuale inferiore anche a quella della seconda divisione. Ignác Semmelweis aveva risolto il mistero della febbre puerperale: era causata quasi sempre dall’introduzione di un agente esterno nel canale del parto e la si poteva prevenire lavandosi le mani con una soluzione igienizzante.

La caduta e la sua eredità

Sebbene i suoi risultati sembrassero parlare da soli, Semmelweis non ebbe successo nella comunità medica e scientifica, anzi venne osteggiato: i suoi contemporanei, infatti, trovavano impossibile accettare che fosse solo una la causa necessaria della febbre puerperale. Si trattava di un cambio di paradigma difficile da digerire. In realtà, nel corso degli anni, complici anche i risultati incoraggianti che arrivavano dagli altri reparti di ostetricia in cui Semmelweis esercitò la professione, la sua dottrina guadagnò lentamente l’accettazione della comunità medica, fino a che, qualche anno dopo, vennero finalmente scoperti i microrganismi e il chimico e microbiologo francese Louis Pasteur formulò la cosiddetta teoria dei germi, secondo cui ogni malattia era dovuta all’infezione di un microbo diverso. Purtroppo Semmelweis non visse abbastanza per assistere al suo trionfo, poiché morì il 13 agosto 1865, all’età di 47 anni, in un manicomio in cui fu ricoverato per cause a noi sconosciute. Ironia della sorte, probabilmente il medico morì proprio a causa di un’infezione delle ferite causategli da un pestaggio da parte del personale della struttura sanitaria.

Nonostante il triste epilogo della sua storia, Semmelweis è considerato non solo il padre dell’igiene delle mani, ma il suo operato è diventato anche un modello di strategie per prevenire le infezioni e le epidemie da malattie infettive. In effetti, nonostante qualche decennio dopo la sua scomparsa le intuizioni fossero state finalmente riconosciute dalla comunità scientifica, le pratiche di igiene delle mani promosse dal medico ungherese non sono state adottate in maniera sistematica nelle strutture sanitarie da subito, ma solo a partire dagli anni Ottanta del Novecento (a causa di focolai di origine alimentare e infezioni associate all’assistenza ospedaliera), quando le principali istituzioni sanitarie hanno identificato l’igiene delle mani come un modo importante per prevenire la diffusione delle infezioni, pubblicando le prime linee guida per l’igiene delle mani in ambito sanitario.

L’igiene delle mani, infatti, è la misura principale per prevenire le infezioni ospedaliere e scongiurare l’insorgenza di resistenza microbica, che rappresentano due delle principali minacce alla salute della popolazione generale. L’importanza di lavarsi le mani, però, non è limitata solamente all’ambito ospedaliero: durante una pandemia come quella di Covid-19, infatti, abbiamo imparato che uno dei modi più economici, facili, ma più importanti per prevenire la diffusione di un virus è, innanzitutto, lavarsi spesso le mani con acqua e sapone o con soluzioni igienizzanti, proprio come ha dimostrato Semmelweis più di un secolo e mezzo fa.

Fonti:
  • Kadar N, Romero R, Papp Z. Ignác Semmelweis: the "Savior of Mothers": On the 200th anniversary of his birth. Am J Obstet Gynecol. 2018 Dec;219(6):519-522. doi: 10.1016/j.ajog.2018.10.036. PMID: 30471890; PMCID: PMC6333090.
  • Kadar N. Rediscovering Ignác Philipp Semmelweis (1818-1865). Am J Obstet Gynecol. 2019 Jan;220(1):26-39. doi: 10.1016/j.ajog.2018.11.1084. Epub 2018 Nov 13. PMID: 30444981.
  • Gupta VK, Saini C, Oberoi M, Kalra G, Nasir MI. Semmelweis Reflex: An Age-Old Prejudice. World Neurosurg. 2020 Apr;136:e119-e125. doi: 10.1016/j.wneu.2019.12.012. Epub 2019 Dec 16. PMID: 31837492.
  • Martini M, Lippi D. SARS-CoV-2 (COVID-19) and the Teaching of Ignaz Semmelweis and Florence Nightingale: a Lesson of Public Health from History, after the "Introduction of Handwashing" (1847). J Prev Med Hyg. 2021 Sep 15;62(3):E621-E624. doi: 10.15167/2421-4248/jpmh2021.62.3.2161. PMID: 34909488; PMCID: PMC8639136.