Di Chiara Di Lucente
ricerca scientifica tumori

Fino a pochi decenni fa, una diagnosi di tumore – di qualunque tipo fosse – spesso voleva dire una condanna. Nell’immaginario comune si trattava di un’entità rarefatta e oscura, che evocava un destino tragico, probabilmente legato a una fine prematura. Il tabù era così forte che nel nostro vocabolario si sono consolidate espressioni alternative, come per esempio “brutto male”, per evitare di pronunciare qualsiasi parola associata a “tumore” o “cancro”. Tuttavia le cose non stanno più così da tempo: negli ultimi anni, grazie ai progressi della medicina, questa visione sta progressivamente cambiando. Se da un lato è vero che i numeri legati all’insorgenza di tumori continuano a crescere a livello globale (anche grazie a diagnosi sempre più precoci), d’altro canto è anche vero che la guarigione da una malattia oncologica è una possibilità più che concreta. Oggi, infatti, è possibile trattare sempre più tipi di tumori, con risultati che permettono a molti pazienti di guarire completamente o di convivere con la malattia, mantenendo al tempo stesso una buona qualità della vita. Questo avviene anche nel nostro Paese: ce lo confermano, i numeri del rapporto AIOM “I numeri del cancro in Italia 2024” che, anno dopo anno, ha lo scopo di fotografare la situazione legata alle malattie oncologiche in Italia. E se i numeri e i trend sono così incoraggianti, lo dobbiamo a una maggior consapevolezza rispetto alla prevenzione primaria e secondaria dei tumori (come aderire a stili di vita più salutari e partecipare a programmi di screening diagnostici), ma anche, e forse soprattutto, alla ricerca scientifica. Come si legge nel report di quest’anno, infatti, è solo grazie allo studio e alla passione di ricercatori e scienziati che oggi abbiamo tassi di guarigione dalle patologie oncologiche che fino a venti anni fa erano inimmaginabili. Ma quali sono, quindi, le principali innovazioni in questo campo? Abbiamo selezionato alcune tra le più promettenti, cercando di spiegare le tecnologie dietro di esse e di indagare gli studi che stanno contribuendo a plasmare il futuro della ricerca sul cancro.

I numeri incoraggianti sulle guarigioni

Prima di approfondire i progressi della ricerca scientifica, diamo qualche informazione in più sui numeri del cancro in Italia di quest’anno. Il report AIOM 2024 mostra, tra i trend più significativi, che i nuovi casi di cancro nel nostro Paese sono stabili rispetto agli anni precedenti, i tassi di mortalità nei giovani adulti sono in progressiva diminuzione, mentre le persone che convivono con una diagnosi di tumore sono in aumento, con un aumento significativo delle guarigioni. In particolare, nel 2024 in base ai dati statistici AIRTUM sono previste circa 390.000 nuove diagnosi di tumori maligni (esclusi i tumori della pelle non melanoma). Questo numero è inferiore alle proiezioni internazionali, ma in linea con le stime europee. I tumori più comuni nel 2024 sono stati, per gli uomini, prostata, polmone, colon-retto e vescica, mentre per le donne mammella, colon-retto, polmone, endometrio e tiroide. Per quanto riguarda i tassi di mortalità, il tumore della mammella è risultato responsabile del 31,0% delle morti dovute a tumori maligni nelle giovani donne, e il tumore del polmone responsabile del 15,7% di quelle nei giovani uomini. Tuttavia, nonostante questi numeri siano significativi, la tendenza degli ultimi 15 anni è incoraggiante: dal 2006 al 2021, la mortalità per tumore tra i giovani adulti (dai 20 ai 49 anni) è diminuita, con una forte riduzione per tumori come quelli al polmone e alla mammella. Tra le donne, infatti, il tasso di mortalità per tumore della mammella è diminuito del 16,2% e quello del polmone del 46,4%. Sono invece risultati stabili nel tempo i tassi di mortalità per i tumori del colon-retto e dell’ovaio. Anche tra i giovani uomini i tassi di mortalità  diminuiti sono quelli legati al tumore del polmone (-35,5%), le leucemie (-31,3%) e tumori dello stomaco (-38,6%). Al contrario, sono rimasti stabili quelli relativi alle morti per tumore del colon-retto e del sistema nervoso centrale. Andando a vedere i dati riguardo la prevalenza e le guarigioni, scopriamo che nel 2024, erano 3,7 milioni di italiani che vivevano dopo una diagnosi di tumore, pari al 6,2% della popolazione. Questo numero è in aumento costante, di circa l’1,5% l’anno nell’ultimo decennio (1,6% nelle donne e 1,3% per gli uomini). Di questi, la maggior parte sono donne (il 56%), di cui quasi la metà con tumore della mammella. Per gli uomini, invece, la sede più frequente registrata per tumori maligni è la prostata. In generale, tra le persone che convivono con una diagnosi di tumore in Italia, il 71% è rappresentato da quelle con tumori della mammella, prostata, colon-retto, vescica, tiroide e melanomi. La buona notizia è che i dati derivanti dai registri di tumori ci dicono che la metà delle persone che si ammalano di tumore nel 2024 è destinata a guarire, presentando un’aspettativa di vita uguale a chi non si è mai ammalato. Tutto questo, che ha anche portato a un più ampio dibattito sui diritti e sull’approvazione della legge che tutela il cosiddetto diritto all’oblio (la quale tutela gli ex pazienti oncologici da discriminazioni sociali, economiche e finanziarie), è dovuto soprattutto ai progressi della ricerca scientifica in questo campo.

Un focus sull’immunoterapia

Kimryn Rathmell, direttrice del National Cancer Institute degli Stati Uniti, scrive in un recente editoriale che fa il punto sulla ricerca in campo oncologico nel 2024: “I frutti della ricerca sono emersi chiaramente quest’anno, con progressi attesi da tempo nel trattamento di alcuni dei tumori più resistenti e studi che hanno continuato a svelare la complessa e difficile biologia di queste malattie”. Tra le innovazioni e i risultati principali evidenziati dalla ricercatrice ci sono quelle riguardanti l’immunoterapia, ovvero tutti quei trattamenti che, attraverso vari sistemi, stimolano il sistema immunitario a colpire il tumore. Per esempio, recentemente è stato condotto uno studio per indagare l’efficacia di un farmaco immunoterapico, il dostarlimab, in pazienti con un particolare tipo di cancro del retto. Il dostarlimab è un anticorpo monoclonale, un particolare tipo di proteina ingegnerizzata in grado di legarsi in maniera specifica a una componente del tumore e indirizzare il sistema immunitario di chi lo riceve a colpirlo. Questo significa spesso una maggior precisione e un minor numero di effetti avversi rispetto alla chemioterapia tradizionale. Nello studio citato da Rathmell, sono stati arruolati 42 pazienti con cancro del retto in stato avanzato, individuati grazie alla presenza di un determinato marcatore tumorale e sono stati  trattati con dostarlimab per sei mesi. Dalla ricerca emerge che tutti hanno ottenuto una risposta clinica completa, con un tasso di successo del 100%. Inoltre, nella maggior parte dei casi, questi risultati si sono mantenuti per oltre due anni. Quello che è davvero interessante, sottolinea la ricercatrice, è che questo tipo di studio ci fa capire la direzione in cui al momento sta andando la ricerca in ambito oncologico, grazie ai progressi della ricerca scientifica biomedica: è stato profilato uno specifico marcatore tumorale che, secondo studi preliminari, poteva essere sensibile all’immunoterapia, e poi questa ipotesi è stata testata. Con il risultato di un’efficacia altissima e molti meno effetti collaterali. Sempre parlando di anticorpi monoclonali, quest’anno sono stati approvati dalla Food and Drug Administration (FDA), l’ente regolatorio statunitense, diversi farmaci di questo tipo per il trattamento di diversi tumori. Tra questi vi sono il tarlatamab e il durvalumab, due terapie per il carcinoma polmonare a piccole cellule, una malattia che per decenni si riteneva praticamente incurabile, essendo resistente a praticamente ogni terapia. Grazie agli studi condotti in questo ambito e a risultati clinici decisamente promettenti, questi due farmaci indicano un decisivo cambio di passo, segno che la ricerca sta finalmente aprendo nuove possibilità di trattamento

Se si parla di immunoterapia non si può non parlare di CAR-T, una tecnologia ormai consolidata che ha portato a un vero e proprio cambiamento di paradigma per il trattamento dei tumori, in particolar modo quelli del sangue. Trattandosi di un’immunoterapia, anche essa ha come scopo di istruire il sistema immunitario del paziente a colpire le cellule tumorali, ma con un meccanismo differente rispetto a quello degli anticorpi monoclonali. In particolare, dal paziente vengono prelevati un tipo particolare di globuli bianchi, i linfociti T. Questi vengono modificati geneticamente in laboratorio affinché possano individuare in maniera specifica le cellule tumorali e indirizzare contro di loro la risposta del sistema immunitario. Quando le cellule T ingegnerizzate (ovvero le CAR-T), saranno reinfuse nel paziente, quindi, saranno in grado di distruggere le cellule cancerose in maniera specifica. La terapia CAR-T è stata nominata “scientific breakthrough” del 2013 dalla rivista Science e nel corso degli anni si è imposta come possibilità di cura per pazienti con leucemia, linfoma, mieloma, in cui le terapie convenzionali non hanno risposto. Sulla rivista Nature, un gruppo di scienziati dell’Università della Pennsylvania ha riportato che due tra le prime persone trattate con la terapia con cellule CAR-T dimostravano di essere ancora in remissione completa dalla malattia dopo ben 12 anni dal trattamento. Le sperimentazioni con CAR-T continuano a crescere e sembrano promettenti non solo per i tumori del sangue: un piccolo studio clinico recentemente pubblicato che ha indagato una terapia sperimentale a base di questa tecnologia sembra gettare le speranze per un trattamento efficace per un tipo di tumori cerebrali infantili estremamente aggressivi.

Intelligenza artificiale e telemedicina

L’intelligenza artificiale è rapidamente emersa come uno strumento fondamentale in diversi ambiti della ricerca sul cancro, tra cui diagnosi, classificazione, scoperta di farmaci, sviluppo terapeutico e previsione dell’esito clinico. In particolare, grazie all’intelligenza artificiale e soprattutto alla convergenza tra essa e campi della ricerca biomedica molto avanzati come quello della genomica, si sta ridefinendo l’intero processo di scoperta di farmaci contro il cancro, permettendo uno sviluppo più veloce e meno costoso di terapie personalizzate ed efficaci. Le tecnologie di intelligenza artificiale, infatti, stanno dimostrando di giocare un ruolo fondamentale nell’accelerare le fasi chiave del processo di scoperta dei farmaci: dall’identificazione dell’obiettivo, alla progettazione del farmaco a livello molecolare, all’ottimizzazione della sperimentazione clinica. Ad esempio, grazie all’uso di metodi computazionali avanzati e sfruttando un particolare algoritmo, l’ormone progesterone è stato riposizionato come possibile trattamento per il carcinoma a cellule renali. In altre parole, l’intelligenza artificiale ha permesso di scoprire un nuovo impiego per un farmaco già esistente. Questi approcci, sottolineano gli esperti che studiano questo campo, non solo velocizzano la ricerca e lo sviluppo di nuovi trattamenti, ma contribuiscono anche a ridurre i costi e ad aumentare le probabilità di successo nelle fasi cliniche successive.

L’intelligenza artificiale sta cambiando anche il panorama relativo alle diagnosi. Per esempio, un nuovo studio condotto da ricercatori svedesi ha dimostrato che i modelli basati sull’intelligenza artificiale sono più efficaci degli esperti umani nell’identificare il cancro ovarico nelle immagini ecografiche. E ancora, un in un altro articolo comparso su Nature, un gruppo di ricercatori dell’Università del Michigan hanno presentato un modello di intelligenza artificiale in grado, in soli dieci secondi, di verificare durante un intervento chirurgico l’eventuale presenza di tessuto tumorale cerebrale residuo, che può essere ulteriormente rimosso. Infine, non ci dobbiamo soffermare esclusivamente su modelli sofisticati di intelligenza artificiale, algoritmi o complessi strumenti tecnologici. L’editoriale di Rathmell, da cui siamo partiti, sottolinea infatti come, nell’ambito delle malattie oncologiche, la telemedicina stia vivendo il suo momento, contribuendo a migliorare l’assistenza ai pazienti e, di conseguenza, la loro qualità di vita. Diversi studi pubblicati nel 2024, infatti, mostrano che, attraverso qualsiasi tipo di strumento, dai tablet alle classiche telefonate, la telemedicina può aiutare a gestire meglio i sintomi e gli effetti collaterali dei trattamenti nei bambini affetti da cancro, oppure, per esempio che i pazienti ricevano le cure palliative necessarie. In definitiva, tutte queste applicazioni (insieme ad altre, che per brevità non abbiamo trattato) ci fanno sperare che, anno dopo anno, i dati relativi ai tumori diventeranno sempre più incoraggianti, la ricerca scientifica continuerà a fare progressi significativi, e che il cancro come malattia incurabile o come “brutto male” resti solo un vago ricordo del passato.

Fonti: