Di Chiara Di Lucente

In occasione della Giornata mondiale dell’endometriosi, parliamo di questa malattia infiammatoria cronica, causata dalla presenza di tessuto simile all’endometrio al di fuori dell’utero e che spesso ha un impatto significativo sulla vita delle persone che ne sono colpite

endometriosi

L’articolo di oggi comincia con la storia di una donna che assomiglia a quella di milioni di donne e persone di sesso femminile assegnato alla nascita in tutto il mondo. Come riporta un articolo del 2023 pubblicato dal National Geographic, Karin Gaudet-Asmus, un’avvocata statunitense sulla quarantina, ha sempre sofferto di gravi dolori mestruali: fin da adolescente è stata costretta a saltare numerosi giorni di scuola ogni mese proprio per questo motivo. Con il tempo, il disturbo non si è affievolito, anzi, sono cominciati a comparire altri sintomi molto intensi: a vent’anni, ogni ciclo mestruale della donna, oltre al dolore, è stato accompagnato da nausea, vomito, gonfiori, diarrea e estrema stanchezza. Intorno ai trent’anni poi, cercando una gravidanza, Karin ha avuto molta difficoltà a rimanere incinta, subendo due aborti spontanei. Nonostante anni di consultazioni mediche, le diagnosi e i trattamenti proposti si sono rivelati poco efficaci. Diverse ipotesi sono state esaminate nel corso del tempo, da diverse allergie alla sindrome dell’intestino irritabile e a quella dell’ovaio policistico, ma nessuna di queste sembrava fornire una soluzione soddisfacente alla sua condizione. È stato solo dopo un intervento chirurgico per rimuovere la cistifellea, a seguito di un’infezione, che è emerso finalmente un nome per ciò che Karin stava vivendo: l’endometriosi. Con lei, 190 milioni di donne e ragazze in tutto il mondo.

Il 28 marzo è la Giornata mondiale dell’endometriosi, malattia infiammatoria cronica e progressiva che colpisce, a livello globale, circa il 10% delle persone di sesso femminile assegnato alla nascita. Numeri simili (10-15%) sono presenti anche in Italia, in cui, secondo i dati del ministero della Salute, le persone con diagnosi conclamata sarebbero almeno 3 milioni; inoltre la patologia colpisce circa il 30-50% delle donne infertili o con difficoltà a concepire. Il picco si verifica tra i 25 e i 35 anni, ma la patologia può comparire anche in fasce di età più basse. Il sintomo principale di questa malattia è il dolore molto intenso durante il ciclo mestruale, i rapporti sessuali, i movimenti intestinali o la minzione, dolore pelvico cronico, ma anche gonfiore addominale, nausea, affaticamento, oltre a condizioni a essa associate come depressione, ansia e infertilità. Attualmente non esiste una cura conosciuta per l’endometriosi e il trattamento è solitamente mirato a controllarne i sintomi. I sintomi dell’endometriosi, specialmente il dolore, possono compromettere notevolmente la vita delle persone che ne soffrono, avendo un impatto significativo sulle loro relazioni sociali, la salute mentale e in generale il benessere fisico ed emotivo. Nonostante ciò, l’endometriosi spesso rimane non diagnosticata per anni, passando inosservata e privando le persone della possibilità di un trattamento adeguato. La diagnosi, infatti, arriva spesso dopo un percorso lungo e dispendioso, che può avere gravi ripercussioni psicologiche in chi lo affronta. Vediamo meglio di cosa si tratta.

Che cos’è, le cause e come si manifesta

Per capire meglio cosa sia questa malattia, è bene fare prima un passo indietro. L’utero è un organo chiave nel sistema riproduttivo femminile: si tratta di una struttura muscolare cava situata nella cavità pelvica, tra la vescica e il retto, di circa 5 centimetri di larghezza, 8 di lunghezza e 4 di spessore e composta da tre strati che lavorano in sinergia per sostenere la salute riproduttiva della donna durante il ciclo mestruale, la gravidanza e il parto. In particolare, l’utero è costituto da uno strato esterno in continuità con la cavità peritoneale, il perimetrio, uno intermedio composto da tessuto muscolare liscio, il miometrio e infine dallo strato più interno, l’endometrio. L’endometrio, che, a seconda del momento nella vita riproduttiva di una donna, accoglie l’impianto dell’embrione o i cambiamenti legati al ciclo mestruale, è diviso a sua volta in due parti: lo strato basale, più sottile, e lo strato funzionale, più spesso e altamente vascolarizzato, che inizia a crescere all’inizio di ogni ciclo mestruale e viene eliminato a ogni mestruazione, se nel frattempo non si è instaurata una gravidanza. L’endometriosi si verifica quando un tessuto simile all’endometrio si localizza e prolifera all’esterno dell’utero, soprattutto nella zona pelvica, ma anche in altre sedi del corpo, seppur più raramente. Tale situazione comporta una condizione di infiammazione cronica che può provocare la formazione di tessuto cicatriziale, lesioni e sanguinamento ciclico in queste sedi. Tutto questo porta alla comparsa dei sintomi, che iniziano già nell’adolescenza e in genere si risolvono dopo la menopausa (anche se non è detto). I principali, come già detto, sono dolore durante il ciclo, dolore durante i rapporti sessuali e dolore pelvico cronico non mestruale. Comuni anche i sintomi intestinali come defecazione dolorosa o disfunzioni simili alla sindrome dell’intestino irritabile, mal di schiena, affaticamento, sintomi vescicali e sanguinamento anomalo. Tra le condizioni associate all’endometriosi vi sono disturbi autoimmuni, malattie infiammatorie intestinali e cistite interstiziale. Inoltre, le lesioni cicatriziali della zona pelvica sembrano essere associate a un’aumentata infertilità.

Si pensa che alla comparsa dell’endometriosi contribuiscano diversi fattori, sebbene le cause specifiche non siano ancora state chiarite. Tra le ipotesi più accreditate vi è quella delle mestruazioni retrograde, un fenomeno in cui il sangue mestruale, contenente piccole cellule dell’endometrio, rifluisce all’indietro attraverso le tube di Falloppio nella cavità pelvica anziché essere espulso dall’utero. Queste cellule possono poi attaccarsi e crescere al di fuori dell’utero, causando i problemi di cui abbiamo parlato. Un’altra causa potrebbe essere, attraverso un fenomeno biologico detto “metaplasia”, la trasformazione di cellule al di fuori dell’utero in cellule simile all’endometrio. Anche alcuni tipi di cellule staminali potrebbero svolgere un ruolo importante nell’insorgenza dell’endometriosi, causando la malattia e diffondendosi nell’organismo tramite il sistema sanguigno e linfatico. Oltre a questi fattori, ci sono anche altri che possono contribuire alla crescita o al mantenimento del tessuto simil-endometriale al di fuori dell’utero. Ad esempio, gli estrogeni possono aumentare l’infiammazione, la crescita e il dolore associati all’endometriosi.

Il problema della diagnosi e come si cura

I sintomi dell’endometriosi, quindi, sono numerosi e variano da persona a persona: questo, insieme alla mancanza di consapevolezza sia da parte della popolazione generale sia degli operatori sanitari che il dolore pelvico intenso non sia normale, può provocare una normalizzazione e stigmatizzazione dei sintomi e quindi a un significativo ritardo diagnostico. Si stima, infatti, che le persone con endometriosi debbano aspettare almeno 8 anni prima di ottenere una diagnosi. Questo ritardo nella diagnosi significa anche un ritardo nell’accesso a opzioni di trattamento disponibili, come analgesici, contraccettivi orali e altre terapie. Nonostante gli operatori sanitari di base dovrebbero avere un ruolo nello screening e nella gestione iniziale dell’endometriosi, spesso mancano strumenti precisi per identificare le persone a rischio. Ma come avviene il processo di diagnosi di endometriosi? Questo inizia con un’attenta anamnesi dei sintomi mestruali e del dolore pelvico cronico. Anche se sono stati sviluppati vari strumenti di screening, nessuno è ancora validato per identificare in modo accurato chi è a rischio di contrarre la malattia. L’endometriosi può spesso essere confusa con altre condizioni, e l’uso di ecografia o risonanza magnetica può essere necessario per rilevare lesioni come l’endometrioma ovarico e le aderenze. La conferma definitiva della diagnosi spesso richiede una verifica istologica, che può essere eseguita durante interventi chirurgici di trattamento.

I trattamenti per gestire l’endometriosi possono variare a seconda della gravità dei sintomi e delle esigenze legate alla fertilità. Tuttavia, è bene ricordare che al momento non esiste una cura definitiva per questa malattia. Farmaci come gli anti-infiammatori non steroidei e gli analgesici, come ibuprofene e naprossene, sono spesso prescritti per alleviare il dolore associato all’endometriosi, mentre farmaci ormonali e contraccettivi orali possono aiutare a controllarne i sintomi. Per coloro che hanno difficoltà a concepire, possono essere considerati farmaci e procedure per la fertilità. Infine, rimuovere lesioni endometriosiche, aderenze e tessuti cicatrizzati a volte si ricorre a terapie chirurgiche, come la chirurgia mininvasiva laparoscopica. Tuttavia, il successo nel ridurre il dolore e aumentare i tassi di gravidanza attraverso l’intervento chirurgico può variare in base all’estensione della malattia. Le lesioni possono ripresentarsi anche dopo una rimozione riuscita e altri fattori, come le anomalie dei muscoli del pavimento pelvico, possono contribuire al dolore cronico. In alcuni casi, possono essere utili altri trattamenti complementari, come la fisioterapia.

In sintesi, l’endometriosi presenta implicazioni significative dal punto di vista sociale, della salute pubblica ed economico. È quindi cruciale, come ricorda l’Organizzazione mondiale della sanità che istituzioni sanitarie, organizzazioni non governative e altre entità coinvolte nella ricerca collaborino attivamente per identificare modelli efficaci di prevenzione, diagnosi, trattamento e assistenza per questa condizione. Inoltre, è fondamentale promuovere una maggiore consapevolezza, politiche e servizi dedicati all’endometriosi, lavorando in collaborazione con la società civile e i gruppi di supporto dei pazienti. Affrontare l’endometriosi in questo modo, infatti, permetterà alle persone colpite di godere del diritto a un elevato standard di salute sessuale e riproduttiva, migliorando la loro qualità di vita e benessere complessivo.