Di Chiara Di Lucente

Nonostante sia uno dei settori a maggior prevalenza femminile, per la parità di genere nel settore sanitario si può ancora fare molto: l’obiettivo è quello di ottenere una migliore salute, per tutti

Il prossimo 11 febbraio si celebrerà la Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, proclamata dalle Nazioni Unite e patrocinata dall’Unesco, al fine di ottenere un pieno ed equo accesso e partecipazione alla scienza per le donne e le ragazze. La scienza e l’uguaglianza di genere, infatti, sono due mete complementari e fondamentali per la comunità globale e rientrano tra gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile: fare in modo che sempre più donne e ragazze abbiano accesso al mondo della scienza e della ricerca migliora la qualità della scienza stessa, oltre a promuovere l’uguaglianza di genere e l’emancipazione femminile. Negli ultimi decenni, la comunità globale ha fatto molti sforzi per ispirare e coinvolgere donne e ragazze nella scienza, ma esse – anche nei paesi più industrializzati – continuano a essere escluse in maniera significativa dalla partecipazione al processo scientifico.  

Ma cosa si intende per scienza? Parlando di disuguaglianza di genere nell’ambito scientifico, ci si riferisce soprattutto alle scienze “dure”, quelle che fanno parte delle cosiddette discipline STEM: scienza, tecnologia, ingegneria e matematica. Basti pensare, per esempio, che in Italia le ragazze iscritte a corsi di laurea che fanno parte della facoltà di Ingegneria, secondo un recente rapporto di Assolombarda, ammontano al 25% sul totale degli iscritti. Allo stesso tempo, però, i settori disciplinari relativi all’informatica e a ingegneria rappresentano, dopo la laurea, quelli con il tasso di occupazione più alto: appare quindi evidente che le discipline STEM rappresentino uno strumento fondamentale per l’emancipazione, professionale ed economica, delle donne.

E per quanto riguarda la medicina? Il settore sanitario non rientra a pieno titolo nelle discipline STEM, ma è comunque legato a doppio filo all’ambito scientifico-tecnologico: le discipline STEM costituiscono le basi per molte applicazioni della medicina (basti pensare alla matematica e statistica che occorre alle discipline relative alla salute pubblica, oppure alla ricerca in ambito biomedico, che racchiude numerose discipline prettamente STEM) e al tempo stesso i campi della tecnologia, dell’ingegneria e dell’informatica pervadono sempre di più il mondo della sanità. Possiamo quindi includere anche la medicina e tutto il mondo della salute tra le discipline STEM: com’è quindi la situazione relativa all’uguaglianza di genere in questo ambito? Scopriamolo insieme.

Il presente: si può fare ancora molto

Iniziamo con le buone notizie: almeno a una prima analisi, l’ambito sanitario sembrerebbe nettamente a prevalenza femminile. Le donne, infatti, rappresentano in media, a livello globale, il 70% dei posti di lavoro in ambito sanitario. Eppure tutto ciò non è abbastanza, e siamo notevolmente distanti dalla parità di genere: è quanto evidenzia il rapporto del 2019 “Delivered by women, led by men” (letteralmente “Portato avanti dalle donne, gestito dagli uomini”) dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che ha voluto indagare il livello di equità di genere nella forza lavoro dell’ambito sanitario. In generale, infatti, le donne forniscono la salute globale, mentre gli uomini la guidano: basti pensare, per esempio, che tra i premi Nobel per la medicina solo il 5% di questi è stato assegnato a donne.

In particolare, il rapporto Oms spiega come le barriere incontrate dalle operatrici sanitarie sono fondamentalmente di due tipi: innanzitutto, c’è la cosiddetta segregazione orizzontale, ovvero la distribuzione non uniforme delle occupazioni tra tutte le persone impiegate nell’ambito sanitario. Questo vuol dire che solitamente le donne sono impiegate in una tipologia di lavoro piuttosto che un’altra: è più facile trovare donne ostetriche o infermiere e uomini chirurghi. Ciò determina prima di tutto una grande perdita di talenti (potremmo avere molte più chirurghe talentuose o infermieri capaci), oltre che un importante divario retributivo: di solito, infatti, le professioni a prevalenza femminile sono quelle pagate di meno.

L’altra barriera è quella che viene detta la segregazione verticale, e cioè l’ineguale distribuzione tra uomini e donne nei diversi livelli gerarchici. Generalmente, infatti, sono gli uomini a ricoprire la maggior parte dei ruoli dirigenziali, lasciando le donne sottorappresentate in ruoli di leadership e più retribuiti: tanto per fare un esempio, il 69% delle organizzazioni sanitarie globali è guidato da uomini. Infine, il rapporto dell’Oms sottolinea anche la presenza di i pregiudizi di genere sul posto di lavoro, la discriminazione e la presenza di disuguaglianze tra il personale sanitario: in molti paesi del mondo mancano ancora leggi sulla discriminazione sessuale, le molestie, la parità a livello di retribuzione e la protezione sociale. Le buone notizie ci sono, comunque: il documento sottolinea una crescente partecipazione delle donne in occupazioni altamente retribuite nel settore sanitario, e questa tendenza probabilmente continuerà nei prossimi vent’anni, e questo è un bene per tutta la salute globale. I sistemi sanitari, infatti, sono più forti quando le donne, che – ricordiamo – vi partecipano per la maggioranza, hanno voce in capitolo nella progettazione e nella realizzazione dei sistemi che conoscono meglio.

Perché è importante raggiungere la parità

Oltre a un imperativo etico a cui occorre rispondere, per minimizzare le discriminazioni di ogni genere, le evidenze scientifiche sottolineano che raggiungere l’equità di genere nella scienza, nella medicina e nella salute ha il potenziale per migliorare in maniera significativa la salute stessa, la società e l’economia a livello globale. All’interno delle comunità, infatti, la parità di genere è in grado di promuovere la crescita economica, ridurre la mortalità infantile e migliorare il livello di salute di tutti i componenti. In più, numerosi studi hanno dimostrato che i posti di lavoro in cui c’è un buon equilibrio tra uomini e donne hanno riscontrato più produttività, innovazione, migliori processi decisionali e maggior soddisfazione dei dipendenti.

Anche la ricerca scientifica può trarre un enorme vantaggio dall’equità di genere: le politiche europee relative alla ricerca scientifica, infatti, sottolineano che una maggiore diversificazione a livello di genere sia in grado di aumentare la qualità della ricerca scientifica in generale. Avere una maggiore equità di genere nell’ambito sanitario, quindi, potrebbe tradursi in domande di ricerca più pertinenti, che siano a beneficio di un gruppo maggiore di persone. In conclusione, quello che serve, quindi, è cambiare narrativa: è fondamentale riconoscere tutto il lavoro svolto dalle donne nella salute e nell’assistenza sociale, in quanto esse rappresentano la base su cui poggia l’intera salute globale.

Fonti:
  • World Health Organization. (‎2019)‎. Delivered by women, led by men: a gender and equity analysis of the global health and social workforce. World Health Organization.
  • Boniol M, McIsaac M, Xu L, Wuliji T, Diallo K, Campbell J. Gender equity in the health workforce: analysis of 104 countries. Working paper 1. Geneva: World Health Organization; 2019 (WHO/HIS/HWF/Gender/WP1/2019.1).Licence: CC BY-NC-SA 3.0 IGO.
  • Shannon G, Jansen M, Williams K, Cáceres C, Motta A, Odhiambo A, Eleveld A, Mannell J. Gender equality in science, medicine, and global health: where are we at and why does it matter? Lancet. 2019 Feb 9;393(10171):560-569. doi: 10.1016/S0140-6736(18)33135-0. PMID: 30739691.
  • Pietro Greco, Le donne, la medicina e il problema del 2%, su ilbolive.unipd.it, 2020.
  • https://www.assolombarda.it/media/comunicati-stampa/osservatorio-talents-venture-e-steamiamoci
  • https://www.almalaurea.it/sites/almalaurea.it/files/convegni/Bergamo2021/04_sintesi_rapportoalmalaurea2021.pdf