Di Chiara Di Lucente

Per avere una scienza di qualità, un elemento fondamentale è la diversità all’interno gruppi di ricerca: ma cosa significa diversità e quali sono i vantaggi che essa apporta? Scopriamolo nell’articolo di oggi

diversità scienza

Parlando di ricerca scientifica, le prime immagini che vengono in mente sono spesso laboratori asettici, macchinari all’avanguardia, complessi esperimenti, numeri e dati. Tuttavia c’è un elemento che spesso sfugge all’attenzione generale ma che è cruciale per il progresso della scienza stessa: l’elemento umano,  in particolare la diversità. Quando si parla di questo tema, generalmente ci si riferisce alla rappresentanza di genere. Numerosi studi hanno dimostrato che i team di ricerca in cui c’è un buon equilibrio tra uomini e donne tendono a produrre risultati scientifici più significativi. Ma la diversità non si limita al genere: si tratta di includere persone provenienti da diverse etnie, culture, background socioeconomici, e così via. Grazie a culture, esperienze di vita e prospettive diverse tra loro, i gruppi di ricerca con una maggiore diversità beneficiano di un miglioramento nell’ampiezza, nella profondità e nell’efficacia delle indagini scientifiche. La varietà di voci e punti di vista che si genera, quindi, non solo arricchisce il processo scientifico, ma rappresenta il motore stesso dell’eccellenza e dell’innovazione in ogni ambito della ricerca, anche per la quella biomedica e clinica

È per questi motivi che promuovere la diversità nella ricerca non è solo una questione di giustizia sociale, ma anche di investimento nel nostro futuro. Un mondo scientifico inclusivo è un mondo in cui tutti hanno la possibilità di contribuire con il proprio talento e le proprie idee, alimentando così un ciclo virtuoso di scoperta e innovazioni. In questo articolo esploreremo i molteplici benefici della diversità nel contesto scientifico, in particolar modo quello biomedico e clinico, citando anche alcune strategie per promuovere una cultura scientifica che rifletta la ricchezza e la varietà della società stessa.

Le prove a sostegno della diversità nella scienza

La diversità è un concetto complesso, che abbraccia una vasta gamma di dimensioni umane, tra cui background culturale, età, genere, orientamento sessuale, etnia, cultura, religione, geografia, disabilità, stato socioeconomico, livello di esperienza professionale, stile di pensiero e competenze. Coinvolgere il più possibile individui che rappresentano tale varietà offre numerosi vantaggi, soprattutto nell’ambito scientifico e accademico, dove l’innovazione è essenziale. Numerosi studi indicano che i team con maggiore diversità performano meglio di quelli omogenei (per intenderci, quelli composti per la stragrande maggioranza da persone dello stesso genere, età, etnia, stato socioeconomico…) nei compiti complessi, grazie alla diversità di prospettive che porta a una più efficiente risoluzione dei problemi, una maggiore innovazione nella ricerca e a previsioni più accurate. In sostanza, più voci, prospettive e competenze stimolano la creatività e l’innovazione, portando a soluzioni più creative. Sulla base di tale vantaggio, i gruppi diversificati pubblicano più articoli e ricevono più citazioni per articolo rispetto a quelli omogenei. Per esempio, un’analisi condotta nel 2013 ha evidenziato come gli articoli scientifici prodotti da team internazionali abbiano ricevuto un aumento significativo delle citazioni rispetto a quelli scritti da autori provenienti da un solo paese. Un altro studio del 2014 ha esaminato un vasto campione di articoli scientifici statunitensi utilizzando i cognomi come indicatore approssimativo dell’etnia, mostrando che gli articoli con un mix di autori appartenenti a diverse etnie hanno ricevuto una percentuale maggiore di citazioni rispetto a quelli scritti da autori della stessa etnia.

Numerose ricerche si sono inoltre concentrate sull’importanza di avere un’equa rappresentanza di genere all’interno dei gruppi di ricerca. Uno studio del 2011, pubblicato sulla rivista scientifica Interdisciplinary Science Reviews, ha evidenziato l’esistenza, nei gruppi di lavoro, di un elemento di “intelligenza collettiva”: ciò che conta davvero non sarebbe solo il quoziente intellettivo individuale, ma anche quanto i membri di un gruppo siano bravi a capirsi tra loro e a dare a ognuno la possibilità di esprimersi. Questo è particolarmente importante nei team di ricerca scientifica: in questi casi la diversità di genere giocherebbe un ruolo cruciale. Lo studio ha sottolineato, che nei team dove ci sono più donne, c’è una partecipazione più equa tra i membri. Tuttavia, sia i gruppi composti solo da uomini che quelli composti solo da donne non sono i più efficaci nella risoluzione dei problemi, con i risultati migliori per i gruppi eterogenei, dove ognuno porta con sé prospettive diverse che possono aiutare a esplorare nuove direzioni di ricerca

Infine, c’è un altro aspetto importante da considerare: l’intersezionalità. Questo termine si riferisce alla connessione tra le diverse categorie sociali come l’etnia, la classe sociale, la disabilità, il genere e così via, e come queste influenzino la vita di una persona o di un gruppo. Volendo paragonare la nostra identità nel mondo che ci circonda a un tessuto ricamato, ogni filo ne rappresenta un aspetto diverso. L’intersezionalità ci aiuta a capire come questi fili si intrecciano e si influenzano a vicenda: basta tirarne uno per avere un effetto sugli altri, e sul disegno in generale. Quando si tratta di team di lavoroè fondamentale tenere conto di questa interconnessione: valorizzare l’intersezionalità significa riconoscere che le persone portano con sé una molteplicità di esperienze e punti di vista che vanno oltre una singola categoria sociale.

Gli ostacoli e qualche strategia per aggirarli

Nonostante tutti questi vantaggi, la situazione attuale è distante dal valorizzare adeguatamente la diversità nei gruppi di ricerca. Per esempio, secondo il rapporto Diversity and STEM: Women, Minorities and Persons with Disabilities della U.S. National Science Foundation, ovvero la raccolta di dati più completa sull’andamento della diversità nel settore della scienza, tecnologia, ingegneria e matematica (il cosiddetto settore STEM) negli Stati Uniti, rispetto alle donne gli uomini sono ancora maggioranza nella forza lavoro STEM. Nel 2021, circa il 65% degli occupati in questo settore erano uomini, mentre le donne rappresentavano solo il 35%. Tuttavia, negli ultimi dieci anni, c’è stata una crescita più veloce delle donne rispetto agli uomini in questo settore. In termini di etnia, la diversità nella forza lavoro STEM sta aumentando, con una presenza maggiore di minoranze sottorappresentate come ispanici, neri e indiani d’America o nativi dell’Alaska. Nel 2021, queste minoranze hanno rappresentato quasi un quarto della forza lavoro STEM, rispetto al 18% nel 2011. Per quanto riguarda la percentuale di lavoratori STEM con disabilità è rimasta stabile dal 2011 al 2021, nonostante ci sia stato un aumento del loro numero complessivo. Pertanto, i numeri stanno migliorando, ma sono ancora troppo bassi per garantire una forza lavoro sufficientemente diversa. Come mai? 

Le difficoltà inizierebbero fin dai primi passi del percorso di istruzione superiore: per gli studenti sottorappresentati, l’accesso e il progresso nell’ambiente accademico potrebbero essere particolarmente difficili. In effetti, tali studenti potrebbero provenire da ambienti in cui l’accesso alle risorse educative è limitato o insufficiente, e potrebbero non aver ricevuto il sostegno necessario per sviluppare le competenze e le conoscenze necessarie per avere successo nella vita accademica. Inoltre, i pregiudizi inconsci (detti anche bias) possono influenzare il processo di selezione in modo significativo, portando a valutazioni non equilibrate dei candidati per posizioni accademiche in ambito scientifico. Infine, la mancanza di diversità nelle posizioni apicali accademiche rappresenta un ostacolo significativo per gli individui sottorappresentati, che cercano modelli di ruolo e opportunità di crescita nella loro carriera.

Per questi motivi, affrontare la sottorappresentazione nei settori scientifici richiede un approccio combinato, basato su più livelli. Innanzitutto, è essenziale coinvolgere attivamente le comunità sottorappresentate fin dai primi anni scolastici, incoraggiando i giovani a considerare la scienza come un’opzione di carriera e creando ambienti inclusivi e di supporto per i futuri scienziati. Per contrastare i pregiudizi inconsci, è importante un impegno completo e variegato, in cui vengono offerti corsi di formazione mirati e vengono adottate misure strutturali per ridurre gli effetti dei pregiudizi nei processi decisionali, come per esempio l’adozione di curriculum vitae anonimi nella selezione del personale. È fondamentale anche diversificare i comitati di reclutamento e selezione, oltre a promuovere una cultura aziendale che apprezzi la diversità e l’inclusione. 

Promuovere la diversità richiede dunque un impegno integrato e sostenuto, che coinvolga i decisori politici, le istituzioni, le aziende, le università e la società nel suo complesso. Solo attraverso un approccio del genere si può sperare di creare ambienti di lavoro e istituzioni più inclusivi e equi e, quindi, di ambire a una ricerca scientifica migliore.

Fonti:

  • Nielsen MW, Alegria S, Börjeson L, Etzkowitz H, Falk-Krzesinski HJ, Joshi A, Leahey E, Smith-Doerr L, Woolley AW, Schiebinger L. Opinion: Gender diversity leads to better science. Proc Natl Acad Sci U S A. 2017 Feb 21;114(8):1740-1742. doi: 10.1073/pnas.1700616114. Erratum in: Proc Natl Acad Sci U S A. 2017 Mar 28;114(13):E2796. PMID: 28228604; PMCID: PMC5338420.
  • Love, H.B., Stephens, A., Fosdick, B.K. et al. The impact of gender diversity on scientific research teams: a need to broaden and accelerate future research. Humanit Soc Sci Commun 9, 386 (2022). https://doi.org/10.1057/s41599-022-01389-w
  • Swartz TH, Palermo AS, Masur SK, Aberg JA. The Science and Value of Diversity: Closing the Gaps in Our Understanding of Inclusion and Diversity. J Infect Dis. 2019 Aug 20;220(220 Suppl 2):S33-S41. doi: 10.1093/infdis/jiz174. PMID: 31430380; PMCID: PMC6701939.
  • https://www.nature.com/articles/d41586-018-05316-5