Di Chiara Di Lucente

Questa malattia parassitaria affligge l’umanità da secoli, come testimoniato da diversi studi. Eppure, nonostante i molti sforzi, c’è ancora molto fare perché possa essere sconfitta definitivamente

I Medici, celebre dinastia fiorentina, hanno lasciato un segno indelebile nella storia dell’arte, della politica e della cultura italiana, ma non solo. Un recente studio condotto da un gruppo internazionale scienziati, in cui un ruolo di primo piano è stato svolto dall’Eurac di Bolzano, istituto di ricerca italiano specializzato nello studio delle mummie, ha rivelato un aspetto inedito legato alla vita dei membri di questa potente famiglia: la presenza di una forma letale di malaria. La scoperta è avvenuta grazie all’analisi dei resti di tessuti molli conservati in vasi da imbalsamazione nella basilica di San Lorenzo, nel cuore di Firenze. Secondo gli esperti, i Medici soffrivano della cosiddetta “febbre terziaria”, come veniva chiamata la malattia nella Firenze rinascimentale, una forma di malaria tipica delle aree equatoriali, ma che sembra aver colpito anche la famiglia fiorentina. I ricercatori, infatti, sono riusciti a identificare la presenza di Plasmodium falciparum, il parassita responsabile della forma più letale di malaria, nota come malaria tropicale. L’importanza di questa scoperta apre nuove prospettive per la comprensione della storia della malaria e dei suoi impatti sulle grandi dinastie del passato. Ma che cos’è la malaria? Conosciuta anche come febbre malarica, si tratta di una malattia parassitaria che affligge l’umanità da secoli. Nonostante i progressi scientifici, la malaria rimane una delle principali cause di malattia e morte in diverse parti del mondo. In questo articolo, esploreremo che cos’è la malaria, la sua diffusione, le sue conseguenze e gli sforzi che vengono compiuti per combatterla.

Che cos’è e quanto è diffusa

La malaria è causata dal parassita Plasmodium, che viene trasmesso agli esseri umani attraverso le punture di zanzare femmine infette appartenenti al genere Anopheles, comuni in molte regioni tropicali e subtropicali del mondo. Esistono cinque specie di Plasmodium che causano la malaria e due di queste – P. falciparum e P. vivax – rappresentano quelle più pericolose per gli esseri umani: P. falciparum è il più diffuso nel continente africano ed è responsabile della forma letale della malattia, mentre P. vivax è il parassita dominante nella maggior parte dei paesi al di fuori dell’Africa subsahariana. Una volta nel corpo umano, il plasmodio della malaria invade i globuli rossi e si moltiplica, causando sintomi come febbre ricorrente, mal di testa, brividi e sudorazione entro circa dieci giorni dalla puntura di zanzara. In particolare, i primi sintomi possono essere lievi, simili a molte malattie febbrili e variano a seconda della specie di plasmodio responsabile dell’infezione; i sintomi gravi includono estrema stanchezza e affaticamento, coscienza compromessa, convulsioni multiple, respirazione difficoltosa, urine scure, ittero, sanguinamento anomalo, fino a condurre, in alcune forme della malattia, a esiti fatali. I neonati, i bambini sotto i 5 anni, le donne incinte, i viaggiatori e le persone con HIV o AIDS sono le categorie a maggior rischio. È importante riconoscere la malattia e intervenire tempestivamente: se non trattata, per esempio, la malaria da P. falciparum può progredire fino a malattia grave e morte entro 24 ore dall’insorgenza dei sintomi.

Secondo l’ultimo rapporto mondiale sulla malaria dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), nel 2021 sono stati registrati 247 milioni di casi di malaria, leggermente superiori ai 245 milioni di casi del 2020. Il numero stimato di morti nel 2021 è stato di 619.000, rispetto ai 625.000 decessi del 2020: durante il biennio 2020-21, le interruzioni causate dalla pandemia di Covid-19 hanno portato a un aumento di circa 13 milioni di casi di malaria e 63.000 morti in eccesso. Questi numeri evidenziano come questa malattia rappresenti un grande carico a livello della salute globale, soprattutto per i paesi della fascia tropicale e subtropicale del mondo. In effetti, nella prima metà del XX secolo, questa malattia è stata eradicata da gran parte delle aree temperate in cui era diffusa, Italia compresa, mentre attualmente la regione africana dell’Oms è quella più colpita: nel 2021, infatti, questa regione ha registrato circa il 95% di tutti i casi di malaria e il 96% dei decessi correlati; in particolare, quattro paesi africani hanno contribuito a poco più della metà di tutti i decessi per malaria a livello mondiale: Nigeria (31,3%), Repubblica Democratica del Congo (12,6%), Repubblica Unita della Tanzania (4,1%) e Niger (3,9%). La malattia è presente con vari gradi di endemia anche in paesi del Sud-est asiatico, Medio Oriente, Asia Centrale, Pacifico occidentale e America centrale e meridionale. In sostanza, quasi la metà della popolazione mondiale, soprattutto in paesi poveri, vive in aree a rischio di malaria, che richiedono interventi mirati per ridurre il carico di malattia a livello globale. Cosa si può fare, quindi?

La lotta alla malaria e la sfida dell’eradicazione

Negli ultimi anni sono stati compiuti notevoli progressi nella lotta contro la malaria. Per prevenire e ridurre la trasmissione della malattia, il controllo del vettore è una misura fondamentale: le principali strategie messe in atto si concentrano sulla riduzione del contatto tra le zanzare e gli esseri umani. In particolare, le misure di protezione personale per prevenire le punture di zanzara includono l’utilizzo di zanzariere da letto trattate con insetticida, mentre, per ridurre la densità delle zanzare sui territori a rischio, vi sono interventi come il trattamento con insetticidi a lunga persistenza nelle abitazioni, la bonifica ambientale per eliminare i focolai larvali e l’uso di larvicidi o predatori naturali delle larve di zanzara: queste azioni mirano a limitare la presenza e la proliferazione delle zanzare, riducendo così il rischio di trasmissione della malattia.

Inoltre, la diagnosi tempestiva e il trattamento precoce sono fondamentali per ridurre le complicazioni e prevenire la diffusione della malaria. La chemioterapia preventiva consiste nell’utilizzo di farmaci per prevenire le infezioni da plasmodio e le loro conseguenze: questa strategia, che mira a proteggere le popolazioni vulnerabili durante i periodi di maggior rischio di malaria, comprende diversi approcci, tra cui la chemioprevenzione della malaria perenne e di quella stagionale, il trattamento preventivo intermittente della malaria in gravidanza e per i bambini in età scolare e la somministrazione di farmaci di massa. Esistono infatti diversi farmaci utilizzati per la prevenzione e la cura della malaria, tra cui quelli a base di artemisinina e clorochina, la cui scelta dipende dal tipo di parassita e dalla sua sensibilità alle varie molecole. Inoltre, la ricerca scientifica sta lavorando per lo sviluppo di un vaccino efficace contro la malaria: nel 2021, l’Oms ha approvato il primo vaccino contro la malaria chiamato RTS,S, che attualmente viene utilizzato in alcune aree dell’Africa; sebbene il vaccino offra una protezione parziale, rappresenta un passo significativo nella lotta contro questa malattia.

Infine, l’obiettivo finale di tutti questi sforzi è quello dell’eradicazione della malattia, ovvero l’interruzione della trasmissione locale di una specifica specie di parassita della malaria in un’area geografica definita, grazie a interventi mirati e prevenendo il ripristino della trasmissione. È quanto si è ottenuto in diverse aree temperate in cui la malaria era endemica, come in Italia. Nonostante i progressi raggiunti, l’eradicazione completa della malaria rimane un obiettivo sfidante: occorre infatti un impegno globale coordinato per migliorare l’accesso ai servizi sanitari, garantire la distribuzione di strumenti preventivi e curativi e potenziare le infrastrutture sanitarie nelle aree più colpite.

Fonti:
  • https://wwwnc.cdc.gov/eid/article/29/6/23-0134_article
  • https://www.epicentro.iss.it/malaria/
  • https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/malaria