Di Chiara Di Lucente
Eradicare la poliomielite è una priorità a livello di salute globale: quest’anno, complice il primo caso registrato negli Stati Uniti dopo 9 anni, sembra essere più importante che mai

Tutto è iniziato il 21 luglio scorso, quando il dipartimento della Salute dello stato di New York ha annunciato, dopo nove anni, il primo caso di poliomielite negli Stati Uniti. Si tratta di un uomo, colpito dalla forma paralitica della malattia, che non aveva viaggiato all’estero. Meno di due mesi dopo, il 9 settembre 2022, la governatrice dello stato di New York Kathy Hochul ha dichiarato lo stato di emergenza per via della diffusione del virus responsabile della malattia, rilevato nelle acque reflue di New York e in altre quattro contee statunitensi. Grazie all’azione dei vaccini, la poliomielite è stata dichiarata debellata negli Stati Uniti nel 1979, mentre in Italia nel 1980, eppure ci sono zone del mondo in cui è ancora endemica e la minaccia che i contagi possano tornare ad aumentare, in un mondo che ancora fa i conti con la pandemia di Sars-cov-2 e che ha sempre più spesso a che fare con virus e zoonosi, preoccupa le autorità sanitarie. In occasione della prossima Giornata mondiale contro la poliomielite che, come ogni anno, ricorre il 24 ottobre, vediamo meglio le ragioni dietro questa emergenza e cosa si sta facendo al riguardo.
Cos’è la poliomielite e quali strumenti abbiamo per proteggerci
Come avevamo già raccontato in un articolo precedente, la poliomielite è una malattia infettiva che attacca i neuroni del midollo spinale, distruggendoli. Sebbene sia stata dichiarata eradicata in numerosi paesi del mondo (in particolar modo nella parte occidentale del pianeta), la poliomielite ha flagellato l’intera popolazione globale per secoli: fin dal 1800 – ma le sue origini risalirebbero almeno agli antichi Egizi – la malattia è stata responsabile di numerose epidemie, che colpivano soprattutto i bambini di età inferiore ai 5 anni, causando loro complicanze anche molto gravi, come la paralisi e la morte.
La poliomielite è causata da tre tipi diversi di poliovirus (di tipo 1,2 e 3), agenti patogeni appartenenti al genere enterovirus, i quali si trasmettono agli esseri umani attraverso l’ingestione di cibi contaminati o tramite la saliva di persone infette: sebbene nel 70% circa dei casi l’infezione non conduca ad alcun sintomo, dopo essere stati ingeriti i poliovirus sono in grado di invadere il sistema nervoso centrale in poche ore, distruggendo i neuroni e, in un caso su 200, causando una paralisi irreversibile che generalmente colpisce gli arti, ma, nelle forme più gravi, anche i muscoli deputati alla respirazione, alla deglutizione e alla comunicazione verbale. Nel secolo scorso sono stati numerosissimi i bambini colpiti dalla polio (si stima che negli Stati Uniti nel 1952, al picco dell’ultima epidemia di questa malattia, fossero oltre 21.000 le persone colpite dalla forma paralitica, con oltre 3000 vittime) che hanno mantenuto danni permanenti alla deambulazione o che hanno dovuto ricorrere ai cosiddetti polmoni d’acciaio, macchinari di ausilio alla respirazione.
Come riporta anche l’Istituto superiore di sanità (Iss), a parte trattamenti finalizzati a curare i sintomi generici della malattia, non esistono cure per la poliomielite. Come è possibile quindi averla debellata in gran parte del mondo? La risposta risiede in un’unica strategia: la vaccinazione. In particolare, infatti, contro la poliomielite esistono due tipi di vaccini: il cosiddetto vaccino “inattivato”, ovvero che al suo interno contiene i poliovirus uccisi e che viene somministrato con iniezione intramuscolo, e il cosiddetto “vivo attenuato”, che invece al suo interno contiene i poliovirus vivi, ma indeboliti, modificati in modo che non causino la malattia e che viene somministrato per via orale. Quest’ultimo è stato il protagonista delle enormi campagne di vaccinazione perseguite nel secolo scorso (durante le quali il vaccino veniva somministrato sopra una zolletta di zucchero), che hanno permesso di eradicare la poliomielite in Europa (in Italia l’ultimo caso registrato della malattia risale al 1983).
La risposta è ancora vaccinare
Dal momento che in alcune aree del mondo la poliomielite è ancora endemica, l’Organizzazione mondiale della sanità continua a raccomandare l’utilizzo del vaccino orale per le campagne vaccinali, al fine di debellare la malattia a livello globale; rispetto al vaccino inattivato, infatti, il vaccino orale, oltre a proteggere chi viene vaccinato, è in grado di bloccare efficacemente la diffusione del virus tra persona e persona. Tuttavia, questo tipo di vaccino presenta alcune criticità, in quanto può causare lo sviluppo di un cosiddetto poliovirus derivato da vaccino, un ceppo di poliovirus che si è evoluto a partire da quello vivo attenuato contenuto nel vaccino antipolio orale. Se questo tipo di virus circola in popolazioni poco immunizzate contro la poliomelite (per esempio in condizioni di scarsa copertura vaccinale) esso può tornare a una forma che causa malattia e paralisi. È per questo motivo che, nella maggior parte dei paesi in cui la poliomielite è stata debellata, si utilizza esclusivamente il vaccino inattivato (che protegge anche dalle forme di poliovirus derivate da vaccini).
Sembra che sia proprio questo quanto accaduto durante il 2022: analizzato in laboratorio, il ceppo responsabile del caso di New York era un poliovirus derivato da vaccino. Non solo: sempre nel 2022 sono stati identificati in campioni di acque reflue tracce dello stesso virus negli Stati Uniti, a Londra e a Gerusalemme, suggerendo che, nonostante non siano stati rilevati ulteriori casi di poliomielite, il virus potrebbe star circolando tra la popolazione generale più del normale. Questo ha messo in allarme le istituzioni sanitarie, anche perché le zone in cui è stato rilevato il virus sono quelle a copertura vaccinale più bassa rispetto alla media. “Finché ci sono gruppi di popolazione non vaccinati o poco vaccinati nei paesi europei e la poliomielite non viene eradicata a livello globale, permane il rischio che il virus venga reintrodotto in Europa”, ammonisce lo European center for disease prevention and control (Ecdc).
Come scongiurare, quindi, questo rischio? La risposta è ancora una volta la vaccinazione. Mentre, infatti, le persone già vaccinate hanno un basso rischio di sviluppare la malattia, anche quella da poliovirus derivato da vaccino, chi non ha iniziato o concluso il ciclo di immunizzazione dovrebbe ricevere il vaccino al più presto. Negli Stati Uniti e nel Regno Unito, sono iniziate immediatamente le campagne per somministrare il vaccino a virus inattivato nei bambini di età compresa tra 1 e 9 anni, negli adulti non immunizzati e in chi potrebbe essere entrato in contatto con un caso di poliomielite. È fondamentale, infatti, come riporta anche l’Ecdc, garantire nella popolazione generale un’elevata copertura vaccinale e al tempo stesso aumentare la vaccinazione nelle popolazioni sottoimmunizzate. Per questo, le istituzioni sanitarie hanno raccomandato ai paesi di Stati Uniti e dell’Unione Europea di rivedere i loro dati sulla copertura vaccinale contro la poliomielite, garantire che non vi siano lacune immunitarie nella popolazione e di potenziare la sorveglianza nei confronti del virus. Staremo a vedere.
Fonti:
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https://www.nationalgeographic.it/scienza/2022/09/perche-la-poliomielite-sta-ricomparendo
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https://www.wired.it/article/poliomielite-ritorno-stati-uniti-londra-vaccini/
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https://www.epicentro.iss.it/polio/
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https://www.ecdc.europa.eu/en/news-events/update-polio-situation-eueea-and-world
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https://www.cdc.gov/vaccines/vpd/polio/hcp/vaccine-derived-poliovirus-faq.html