Di Chiara Di Lucente

Breve viaggio attraverso il lungo processo di cui sono protagonisti i farmaci, dalla loro scoperta all’immissione in commercio, che garantisce la maggiore sicurezza ed efficacia possibile

Tra le notizie che compaiono sui giornali, spesso irrompe quella della scoperta di una nuova molecola che ha il potenziale di curare una malattia, oppure l’attesa approvazione di un farmaco, magari dopo decenni di studi e sperimentazioni cliniche. Ma come funziona lo sviluppo di un medicinale? Scopriamolo insieme.

Il processo di sviluppo di una nuova entità chimica per una terapia che sia sicura ed efficace nel trattamento o nella prevenzione di una malattia è un percorso complesso, che richiede enormi risorse economiche e numerose competenze medico-scientifiche, legali, commerciali e normative. Infatti, dalla scoperta iniziale all’approvazione e all’immissione in commercio di un farmaco (e cioè quando lo possiamo trovare sul bancone delle nostre farmacie) occorrono in genere almeno dieci anni. Ciascuna molecola che potenzialmente ha proprietà terapeutiche, infatti, dovrà superare una serie di passaggi obbligati che solamente alla fine la porteranno a essere utilizzata come farmaco: questi comprendono la fase di scoperta, ottimizzazione e produzione chimica, i test preclinici, le sperimentazioni cliniche e infine l’approvazione normativa da parte delle agenzie regolatorie nazionali e internazionali.

Un aspetto da sottolineare quando si parla di sviluppo di farmaci è che si tratta di un processo altamente selettivo, un po’ come può essere una selezione per un posto di lavoro: si parte da una rosa di candidati spesso molto numerosa e man mano che vengono eseguite le prove, il numero si restringe gradualmente, fino ad arrivare a una o poche molecole che vengono effettivamente approvate. Si stima, infatti, che circa l’80% dei nuovi composti venga abbandonato durante il processo di sviluppo. Vediamo più nel dettaglio cosa accade, fase per fase.

L’inizio: la scoperta e la sperimentazione pre-clinica

La prima fase dello sviluppo di un farmaco generalmente avviene nei laboratori delle università, degli istituti di ricerca e nei reparti di ricerca e sviluppo delle aziende farmaceutiche. Ci sono diversi approcci grazie a cui i ricercatori possono identificare un nuovo principio attivo: sebbene le scoperte fortuite non siano infrequenti, generalmente si parte dal definire le caratteristiche necessarie che deve possedere una nuova molecola affinché essa sia attiva contro una determinata malattia. Questo processo comprende lo studio approfondito dei processi patologici della malattia (la cosiddetta ricerca di base, che molte volte sembra slegata dalle effettive ricadute pratiche e che invece rappresenta quasi sempre il primo passo dello sviluppo di un farmaco), test di screening – generalmente con metodi informatici – su un altissimo numero di composti chimici per trovare possibili effetti benefici contro un gran numero di malattie, la revisione degli effetti di trattamenti già esistenti, lo sviluppo di nuove tecnologie (come quelle che usano gli anticorpi monoclonali oppure l’mRNA) e così via. Tutti questi processi, alla fine, portano alla selezione di moltissimi candidati, chiamati “composti guida”, che saranno i precursori diretti del nostro farmaco: in questa fase ne possono essere migliaia. Dopo i primi test, tuttavia, solo un piccolo numero di composti sarà considerato promettente e richiederà ulteriori studi.

A questo punto per le sostanze selezionate inizia la cosiddetta sperimentazione pre-clinica, ovvero l’insieme di tutti quei test di laboratorio volti a indagare le caratteristiche del potenziale farmaco e gli effetti che esso può avere sul nostro organismo. In particolare, inizialmente si eseguono gli studi in vitro, che consistono in esperimenti che impiegano l’utilizzo di altre sostanze chimiche, colture cellulari o microrganismi e che hanno lo scopo di raccogliere le informazioni generali sulla natura del composto selezionato. Solo una volta appurato con gli studi in vitro che effettivamente la molecola possiede caratteristiche terapeutiche si può passare agli studi in vivo, cioè eseguiti sui modelli animali di malattie umane. Essi comprendono esperimenti su animali di laboratorio finalizzati a raccogliere informazioni su come la sostanza venga assorbita e metabolizzata da un organismo vivente, i suoi benefici di azione, il dosaggio e le modalità di somministrazione migliori e gli eventuali effetti collaterali. Sebbene la ricerca abbia fatto e stia continuando a fare notevoli passi in avanti per ridurre al minimo l’impiego di animali nelle fasi pre-cliniche di uno sviluppo di un farmaco, la sperimentazione animale è ancora necessaria prima di passare ai test sugli esseri umani.

Gli studi clinici

I composti che superano la fase pre-clinica, quindi, possono andare incontro alla sperimentazione clinica, quella sugli esseri umani. Essa si articola in quattro fasi, in cui ciascuna di esse risponde a una determinata domanda di ricerca sul farmaco e comporta un numero sempre maggiore di persone arruolate, fino ad arrivare all’ultimo passo, in cui è l’intera popolazione che sperimenta l’efficacia e la sicurezza del farmaco, che nel frattempo è stato approvato. Ciascuna fase della sperimentazione è condotta seguendo le cosiddette “norme di buona pratica clinica”, un insieme di standard accuratamente regolamentati dalle istituzioni sanitarie che ciascun centro di ricerca deve rispettare. Vediamo insieme ciascuna fase.

• Gli studi clinici di fase I sono volti a stabilire la sicurezza del farmaco e a confermare i dati derivanti dalla fase preclinica sugli esseri umani. Queste sperimentazioni sono condotte su un piccolo numero (dai 20 a un massimo di 100) di volontari sani e durano qualche mese; dopo questa fase circa il 70% dei composti testati passa a quella successiva.
• Gli studi clinici di fase II indagano l’efficacia del farmaco, e cioè se il composto testato effettivamente ha un’azione terapeutica nei confronti di una malattia; inoltre lo scopo di questi studi è confermare la sicurezza provata nelle sperimentazioni di fase I. Solitamente le sperimentazioni di fase II confrontano l’efficacia del farmaco con una sostanza che non ha nessun effetto sull’organismo (placebo) o con un altro composto, sono eseguiti su un numero limitato di persone malate (fino a poche centinaia) e durano da qualche mese a un paio di anni. Circa il 33% dei farmaci testati supera questa fase.
• Gli studi clinici di fase III indagano l’efficacia del principio attivo e gli effettivi benefici rispetto ad altri medicinali attualmente utilizzati per quella malattia oppure rispetto al placebo. Si indagano anche le caratteristiche delle reazioni avverse e degli effetti indesiderati dovuti all’assunzione del farmaco. Gli studi di fase III coinvolgono un grande numero di persone (migliaia di pazienti in diversi Paesi) e possono durare da uno a diversi anni, in base a quanto facilmente si riescono a reclutare i pazienti. Supera questa fase il 25-30% dei farmaci testati. A questo punto, le autorità sanitarie (in Italia l’Agenzia italiana del farmaco, AIFA) valutano attentamente i risultati degli studi clinici e se li reputano soddisfacenti autorizzano la registrazione e l’immissione in commercio del farmaco.
• Dopo che il farmaco è stato immesso in commercio, inizia l’ultima fase della sperimentazione clinica, gli studi di fase IV: essi consistono nel monitoraggio del farmaco somministrato alla popolazione generale e impiegato secondo le indicazioni autorizzate dalle istituzioni sanitarie. Studi di questo tipo sono volti a confermare l’efficacia e sicurezza del farmaco anche dopo l’autorizzazione e la somministrazione su larga scala.

In conclusione, il processo di sviluppo di un farmaco è lungo e dispendioso: come mai, quindi, i vaccini contro Sars-cov-2 essi sono stati approvati dopo circa un anno dall’inizio del loro sviluppo? Perché la pandemia di Covid-19 è stata un evento eccezionale che ha comportato l’impiego di risorse economiche mai viste prima. Generalmente, infatti, la maggior parte del tempo che richiede lo sviluppo di un farmaco è dovuto alla ricerca di risorse economiche necessarie per avviare una nuova fase di sperimentazione. Grazie agli ingenti finanziamenti ricevuti, le aziende farmaceutiche hanno potuto eliminare questi tempi morti sono stati eliminati ed è stato possibile eseguire gli studi di fase II e fase III contemporaneamente, mantenendo elevati gli standard richiesti per la sperimentazione di un nuovo principio attivo, ma in molto meno tempo.

Fonti: