Di Chiara Di Lucente
Sarà vero che gli uomini sono più portati per le strategie e i calcoli, mentre le donne per rapportarsi con le persone? E come vengono condotti gli studi che indagano queste differenze? Scopriamolo insieme

Le donne: naturalmente intuitive, empatiche, multitasking. Gli uomini: razionali, analitici, strategici. Mondi complementari ma estremamente diversi tra loro, perché, parafrasando il titolo di un besteller degli anni Novanta, le donne vengono da Venere e gli uomini da Marte. E sembra non essere una questione di stereotipi, ma di anatomia del cervello. In effetti, negli ultimi decenni numerosi studi, massivamente rilanciati dalla stampa generalista e da altri mezzi di comunicazione, ci hanno periodicamente raccontato le scoperte su queste apparenti differenze cerebrali tra i sessi, come per esempio che il cervello delle donne è più piccolo, con meno materia bianca rispetto alla grigia, ma che al tempo stesso presenta più connessioni tra i due emisferi, al contrario di quanto accade per gli uomini. A loro volta, tali scoperte sembrerebbero giustificare una serie di differenze cognitive e comportamentali: sarebbe per questo che le donne sono considerate più comprensive e intuitive, più portate per le lingue e i lavori in gruppo, mentre gli uomini, più strategici, più propensi a lavori di tipo prettamente intellettuale e che magari abbiano a che fare con numeri e ragionamenti logici. Ma è davvero così? In realtà, la maggior parte di chi si occupa di neuroscienze propende per un’altra posizione: le differenze strettamente anatomiche nei cervelli di uomini e donne non sarebbero particolarmente significative, e comunque non vi sarebbero particolari implicazioni su comportamenti, abilità o propensioni sulla base del sesso. Insomma, la prospettiva che gli uomini vengano da Marte e le donne da Venere sembra essere piuttosto distante dalla realtà, e che differenze sì, ci sono, ma non sono quelle che ci potremmo aspettare. Ma cerchiamo di capirne qualcosa in più.
Scandagliare il cervello di uomini e donne
La ricerca sulle differenze sessuali nel cervello ha radici profonde. Nella seconda metà del XIX secolo, l’antropologo e psicologo Gustave Le Bon affermava, basandosi sulla misurazione della scatola cranica, che il cervello degli uomini era più grande di quello delle donne, giustificando così la disparità di ruoli nella società. Con il tempo, man mano che le tecniche per studiare il cervello progredivano e con la nascita delle neuroscienze, si sono moltiplicati anche gli studi che avevano lo scopo di identificare eventuali differenze a livello molecolare, strutturale e funzionale. Ricerche di questo tipo hanno subito una grande spinta grazie alla diffusione di tecniche di imaging bio-mediche come la risonanza magnetica funzionale, che, misurando i cambiamenti nel flusso sanguigno associati all’attività dei neuroni, è in grado di rilevare l’attività cerebrale in specifiche aree. Per esempio, uno studio del 2014 ha utilizzato tale tecnica per mostrare differenze sessuali significative nella connettività cerebrale, suscitando grande interesse mediatico e speculazioni sulle manifestazioni comportamentali di tali differenze. In particolare, l’analisi, condotta su oltre 900 persone, ha rilevato differenze significative tra i modelli di connettività di maschi e femmine: i maschi hanno mostrato proporzionalmente una maggiore connettività all’interno di ciascun emisfero cerebrale e le femmine una maggiore connettività tra gli emisferi. Gli autori hanno suggerito che questa differenza potrebbe sostenere una serie di differenze sessuali nelle capacità cognitive e comportamentali. La maggior parte dell’attenzione dei media si è concentrata proprio su queste ultime, anche se in realtà i ricercatori non hanno esaminato il comportamento nello studio. In effetti, anche il comunicato stampa dell’università che annunciava lo studio suggeriva che i risultati avrebbero potuto aiutare a fornire una base neurale sul motivo per cui gli uomini eccellono in determinati compiti, “come andare in bicicletta o orientarsi, mentre le donne… sono meglio attrezzate per il multitasking e per la creazione di soluzioni che lavorare per un gruppo.”
Questa non è una novità: l’impulso di collegare le differenze strutturali tra i sessi alle funzioni cerebrali è sempre stata molto forte e spesso porta a interpretazioni errate. Ad esempio, nel 1912, il New York Times suggeriva che gli uomini utilizzassero più materia grigia per compiti legati all’intelligenza rispetto alle donne, un’affermazione non supportata da ricerche successive. Questo tipo di episodi hanno conseguenze significative sulla società e sulla diffusione di credenze errate: diversi studi hanno dimostrato che le spiegazioni biologiche delle differenze di genere aumentano, nelle persone, l’accettabilità degli stereotipi di genere, mentre le spiegazioni socioculturali aumentano la convinzione nella mutevolezza del comportamento umano. Per esempio, nel 2017 ha avuto una grandissima eco mediatica la famigerata nota “Google’s Ideological Echo Chamber”, scritta e fatta circolare da un dipendente del colosso informatico (successivamente licenziato) che si basava su studi sulle differenze cerebrali tra uomini e donne per opporsi agli sforzi volti a raggiungere l’equilibrio di genere nella forza lavoro tecnologica. Sembra, quindi, che spesso la ricerca neuroscientifica, andando a ricercare e comunicando in un certo modo differenze sessuali nel cervello, perpetui l’idea che tali differenze abbiano un significato causale per uomini e donne. Tale interpretazione, secondo alcune studiose e studiosi, tra cui Cordelia Fine, filosofa della scienza e psicologa a Oxford e Cambridge, prende il nome di neurosessismo e può essere particolarmente dannosa, in quanto può distorcere la comprensione delle capacità e dei comportamenti umani, rinforzando stereotipi di genere e influenzando negativamente le percezioni di uomini e donne sia all’interno della ricerca scientifica ma anche a livello dell’intera società.
Le vere differenze
Come riporta uno studio del 2021 che ha analizzato i risultati degli ultimi trent’anni di ricerca in questo campo, le uniche differenze davvero significative del cervello umano in base al sesso sarebbero quelle legate alle dimensioni. In effetti, in media la dimensione complessiva del cervello degli uomini è circa l’11% maggiore di quella delle donne; tuttavia, a differenza di alcune specie di uccelli in cui una differenza delle dimensioni di specifiche porzioni del cervello tra maschi e femmine corrisponde a funzioni diverse, nessuna area specifica del cervello è sproporzionatamente più grande negli uomini o nelle donne. In particolare, le dimensioni del cervello sono proporzionali alle dimensioni del corpo e la differenza cerebrale tra i sessi è in realtà più piccola rispetto ad altri organi interni, come cuore, polmoni e reni, che negli uomini sono più grandi, in una percentuale che va dal 17% al 25%. In sostanza, le differenze di dimensioni del cervello dipenderebbero dalla diversa dimensione del corpo in generale, e non esclusivamente dal sesso: quando sono stati presi in esame individui di dimensioni corporee simili, nessuna regione individuale del cervello variava di oltre l’1% tra uomini e donne, ed è stato dimostrato che anche queste piccole differenze non variavano allo stesso modo tra etnie o popolazioni che vivono in differenti parti del mondo. Ulteriori differenze, che nel corso degli anni hanno ricevuto una grande attenzione non solo a livello accademico, come il rapporto tra la materia grigia e la materia bianca e le connessioni all’interno dello stesso emisfero o tra emisferi diversi, sarebbero una conseguenza delle dimensioni corporee, non del sesso. Nelle persone con cervelli più piccoli, infatti, siano essi maschi o femmine, sarebbero presenti più connessioni tra gli emisferi rispetto a quelle interne e avrebbero un maggior volume di materia grigia. Caratteristiche anatomiche storicamente legate alle donne, che invece dipenderebbero dalle dimensioni del corpo, indipendentemente dal sesso. C’è di più: lo studio ha evidenziato che nessuna delle ipotetiche differenze cerebrali trovate, legate per esempio alla dimensione e alla connessione tra gli emisferi, spiegherebbe adeguatamente eventuali discrepanze nella personalità e nelle abilità tra uomini e donne. Piuttosto, le discussioni in questo ambito attualmente si concentrano sul ruolo determinante dell’esperienza nel modellare la struttura e la connettività cerebrale, sostenendo l’idea che il cervello di ciascuno sia un mosaico unico di caratteristiche considerate tradizionalmente maschili e femminili. Inoltre, l’assenza di una dicotomia netta nelle caratteristiche cerebrali legate al sesso – sottolinea Lise Eliot, neuroscienziata del Rosalind Franklin University of Medicine and Science e autrice dell’articolo citato – sarebbe coerente anche con la crescente accettazione dell’esistenza di identità di genere non binarie, queer, non conformi o transgender.
Verso una medicina di precisione
A questo punto ci si potrebbe chiedere se ha senso continuare a parlare di sesso e di differenza in base al sesso negli studi che riguardano il cervello. Eppure, diverse persone tra gli esperti in questo ambito mettono in guardia su tale prospettiva: le vere differenze sulle quali ci si dovrebbe focalizzare, infatti, sarebbero quelle che riguardano l’aspetto medico, epidemiologico e farmacologico e che distinguono gli uomini dalle donne in tal senso. Come già affrontato in altri articoli, una medicina che tenga conto delle differenze di sesso e genere tra gli individui (chiamata, appunto, medicina di genere) è un approccio relativamente giovane, nato dopo secoli in cui si ritenevano le persone di genere femminile una semplice variazione dell’individuo di “default”, di genere maschile. Questo ha portato, nel corso degli anni, a ignorare o a non trattare adeguatamente la salute delle donne, anche quando non era esclusivamente legata a quella riproduttiva. La ricerca biomedica, quindi, deve tener conto di entrambi i sessi, garantendo che i benefici ottenuti grazie ad essa siano applicabili sia agli uomini che alle donne. Questo vale anche per le neuroscienze, la neurologia e la psichiatria: vi sono infatti moltissime condizioni neurologiche e psichiatriche che mostrano differenze significative tra i sessi nella loro incidenza, sintomi, progressione e risposta al trattamento. Pertanto, anche se la ricerca sulle differenze di sesso ha una storia controversa e questo campo è effettivamente pieno di interpretazioni errate e difetti metodologici, non si dovrebbero rifiutare a priori le differenze di genere nelle neuroscienze, ma inquadrare bene il metodo e gli obiettivi, perché, se documentate e studiate correttamente, queste differenze sono uno dei passaggi fondamentali verso la medicina di precisione, ovvero una medicina più personalizzata, equa ed efficace per tutte e tutti.
Fonti:
- https://theconversation.com/you-dont-have-a-male-or-female-brain-the-more-brains-scientists-study-the-weaker-the-evidence-for-sex-differences-158005
- https://forward.recentiprogressi.it/it/rivista/numero-23-genere/articoli/le-neuroscienze-hanno-un-problema-di-sessismo/
- Woolley CS. His and Hers: Sex Differences in the Brain. Cerebrum. 2021 Jan 1;2021:cer-02-21. PMID: 34650671; PMCID: PMC8493822.
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- Lise Eliot, Adnan Ahmed, Hiba Khan, Julie Patel, Dump the “dimorphism”: Comprehensive synthesis of human brain studies reveals few male-female differences beyond size, Neuroscience & Biobehavioral Reviews, Volume 125, 2021,Pages 667-697, ISSN 0149-7634,
- Hirnstein, M., Hugdahl, K., & Hausmann, M. (2018). Cognitive sex differences and hemispheric asymmetry: A critical review of 40 years of research. Laterality, 24(2), 204–252.
- O’Connor C, Joffe H. Gender on the brain: a case study of science communication in the new media environment. PLoS One. 2014 Oct 29;9(10):e110830. doi: 10.1371/journal.pone.0110830. PMID: 25354280; PMCID: PMC4212998.
- Ferretti, Maria Teresa; Santuccione-Chadha, Antonella; Hampel, Harald . (2019). Account for sex in brain research for precision medicine. Nature, 569(7754), 40–40. doi:10.1038/d41586-019-01366-5