Di Chiara Di Lucente

Come ogni 1° dicembre, anche quest’anno ricorre la Giornata mondiale contro l’AIDS. Il tema di quest’anno è ridurre le diseguaglianze, per sconfiggere definitivamente questa malattia

Sono passati più di quarant’anni da quando, per la prima volta, veniva descritta una misteriosa patologia che in brevissimo tempo avrebbe cambiato le sorti della sanità pubblica globale: l’AIDS. In particolare, infatti, le pagine del bollettino periodico dei Centers for disease control and prevention (Cdc) statunitensi parlavano di cinque casi, riportati negli Stati Uniti, di polmonite da Pneumocystis carinii, agente che di solito infetta le persone gravemente immunocompromesse, e che invece in questo caso aveva colpito uomini senza problemi di salute. In seguito, casi simili iniziarono a verificarsi con maggiore frequenza e in sempre più paesi del mondo (con il primo caso in Italia nel 1982): la nuova malattia venne chiama “AIDS”, sigla dell’inglese acquired immune deficiency syndrome, che significa “sindrome da immunodeficienza acquisita”, in quanto chi veniva colpito presentava una grave compromissione del sistema immunitario, che lo rendeva più suscettibile a tumori e infezioni virali e batteriche, con esiti anche fatali. In effetti, di pari passo con i contagi, aumentavano anche le morti: nel 1982 negli Stati Uniti si registrarono 1614 casi di AIDS e 619 decessi.

Le modalità di trasmissione e la diagnosi

Qualche anno dopo, nel 1984, grazie al lavoro dei virologi francesi Francoise Barré-Sinoussi e Luc Montaigner e del medico e biologo statunitense Robert Gallo, si scoprì che l’AIDS era causata dall’HIV. L’HIV è un virus a RNA dotato di un particolare meccanismo replicativo, che attacca, distruggendoli, un tipo particolare di globuli bianchi, i linfociti T CD4, responsabili della risposta immunitaria contro vari agenti che mettono in pericolo l’organismo, come microrganismi e tumori.
C’è una differenza precisa tra HIV e AIDS, i cui termini, a volte, vengono utilizzati erroneamente in maniera interscambiabile: l’HIV, infatti, è il virus responsabile dell’infezione, mentre l’AIDS è la malattia “conclamata”. In particolare, quando una persona contrae l’HIV, vuol dire che il virus comincia a circolare nel suo sangue; il sistema immunitario produce anticorpi diretti contro il virus, che possono venire rilevati attraverso esami sierologici: la persona diventa sieropositiva, ovvero che ha un’infezione da HIV in atto e può trasmettere il virus ad altre persone. Nei momenti successivi, l’infezione può rimanere anche silente, finché, se non individuata tempestivamente, può condurre all’AIDS, la grave compromissione del sistema immunitario che può portare anche alla morte.

Pertanto, l’infezione si verifica quando il virus, contenuto in determinati liquidi biologici di una persona infetta (sangue e suoi derivati, sperma e secrezioni vaginali, latte materno) non in terapia antiretrovirale efficace, riesce a entrare all’interno del corpo di un’altra persona attraverso ferite della pelle o delle mucose, anche non visibili. In particolare, le vie di trasmissione dell’HIV sono le seguenti:
sessuale, attraverso rapporti etero o omosessuali non protetti da un efficace metodo di prevenzione;
ematica, in cui vi è una condivisione di strumenti per l’uso di sostanze psicoattive oppure trasfusioni di sangue contaminato;
verticale: soprattutto da madre a neonato al momento del parto e, più raramente, attraverso l’allattamento al seno.

Di contro, è importante sottolineare che il virus non può essere trasmesso con saliva, lacrime, sudore, urine, punture di zanzare, oppure condividendo i luoghi di convivenza.

Sapere di essere infetti da HIV al giorno d’oggi è fondamentale, perché non solo protegge le altre persone da un eventuale contagio, ma permette di iniziare subito la terapia farmacologica, che aumenta significativamente la qualità e l’aspettativa di vita di chi ne è colpito, portandole al pari di persone che non hanno contratto l’infezione. Per capire se si ha un’infezione da HIV, è sufficiente sottoporsi a un semplice prelievo del sangue oppure sottoporsi a un test rapido acquistato in farmacia; questi ultimi si possono effettuare anche in contesti non sanitari, come nelle sedi di associazioni, dove spesso vengono offerti gratuitamente. Il test non è obbligatorio, ma è consigliabile farlo soprattutto quando si sono verificati comportamenti a rischio, come rapporti sessuali non protetti. Nella maggior parte dei servizi sanitari non serve ricetta medica per eseguire il test, è gratuito e anonimo e il risultato, per legge, deve essere comunicato solo alla persona che vi si è sottoposta.

Ridurre le diseguaglianze

Torniamo per un momento al 1984: negli anni successivi le infezioni da HIV continuarono a diffondersi in maniera massiva e, con esse, le morti da AIDS: nel 1990 si raggiunsero i 2 milioni di contagi a livello globale e oltre 330.000 morti, numeri che aumentarono progressivamente nel corso del decennio successivo, fino a toccare, nel 1997 il picco di contagi (pari a 3,31 milioni) e nel 2004 il picco di decessi (1,84 milioni). L’AIDS è stato – ed è tuttora – uno dei più importanti problemi di salute pubblica globale nella storia degli esseri umani, avendo provocato la morte di oltre 37 milioni di persone in tutto il mondo (dati aggiornati al 2020). Per questo motivo, nel 1988, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha deciso di istituire la Giornata mondiale contro l’AIDS, che ricorre il 1° dicembre di ogni anno e che vuole promuovere la consapevolezza su questa malattia.

Fortunatamente il mondo di adesso è molto diverso da quel 1988: ora disponiamo di test, cure e una gamma di opzioni di prevenzione facilmente accessibili per proteggere le persone e le categorie più esposte al rischio di contrarre l’infezione da HIV e di sviluppare l’AIDS. Nei paesi occidentali, una vera e propria rivoluzione in questo campo, oltre ai test sempre più rapidi e precisi, è stata la scoperta e l’introduzione di specifici farmaci antivirali, capaci, grazie a diversi meccanismi d’azione, di colpire in maniera selettiva il meccanismo di replicazione dell’HIV. Grazie alle terapie attualmente disponibili, dal picco del 2004 il tasso di mortalità per AIDS è diminuito del 64% e ad oggi, se trattata propriamente, una persona positiva all’HIV ha un’aspettativa di vita analoga a quella di una persona sieronegativa.

Tuttavia, la strada da fare è ancora molta: come sottolinea l’Oms, la risposta globale all’HIV è in pericolo. Negli ultimi anni, infatti, i progressi verso l’eliminazione dell’AIDS si sono bloccati, le risorse si sono ridotte e, di conseguenza, milioni di vite sono a rischio, soprattutto nei paesi in via di sviluppo e nelle categorie di persone più discriminate e vittime di disuguaglianze economiche e sociali. Ecco perché il tema della giornata mondiale contro l’AIDS di quest’anno è “equalize” (ovvero “rendere uguale, equiparare”): è necessario che leader politici e i cittadini di tutto il mondo riconoscano e affrontino le disuguaglianze che stanno frenando i progressi nel porre fine all’AIDS e al tempo stesso lottino per uniformare l’accesso ai servizi essenziali per l’HIV (come test, terapie farmacologiche e strategie di prevenzione), in particolare per i bambini e le popolazioni più a rischio.