Di Chiara Di Lucente
acufene

Un sibilo, un ronzio acuto che solo voi riuscite a percepire, ma che interferisce con le vostre attività quotidiane, influenzando il lavoro, le relazioni, il benessere psico-fisico, e intaccando la vostra qualità di vita. Probabilmente molti di voi si riconosceranno in questa situazione: stiamo parlando dell’acufene, noto anche come tinnito, un disturbo piuttosto comune nella popolazione che è caratterizzato dalla percezione di un suono fastidioso in assenza di stimoli esterni. È come se nella nostra testa fosse sempre accesa una vecchia radio difettosa, e l’aspetto più frustrante spesso è proprio la soggettività di questo sintomo: la maggior parte degli acufeni, infatti, non può essere percepita da nessun altro se non da chi ne soffre, rendendo difficoltosa anche la diagnosi. Milioni di persone in tutto il mondo sperimentano questo disturbo: stime globali ci dicono che l’acufene colpirebbe circa il 10% della popolazione mondiale mentre, come riporta l’Istituto superiore di Sanità, circa il 15% degli italiani afferma di averne sofferto almeno una volta nella vita. Sebbene sia un disturbo così diffuso, ciò non vuol dire che tutti lo vivano allo stesso modo: l’acufene presenta una grande variabilità nelle cause, nelle modalità in cui si manifesta e nel disagio che provoca in chi ne soffre. Comunque sia, nonostante la sua ampia diffusione, spesso l’acufene non è riconosciuto come il disturbo serio e debilitante che può diventare. In alcuni casi, i pazienti con acufene possono avere bisogno di assistenza e sostegno per gestire questo disturbo e sul modo in cui può influenzare la vita quotidiana, di comprensione da parte del personale sanitario e di informazioni sui possibili trattamenti disponibili. Vediamo quindi un po’ meglio cosa è l’acufene e soprattutto cosa fare per limitare il suo impatto nella vita di chi ne è colpito.

Che cos’è l’acufene e da cosa è causato

L’acufene è descritto classicamente come la presenza di un ronzio o di un suono acuto che di solito è udibile solo dall’individuo interessato. La maggior parte degli acufeni è soggettiva, il che significa che un eventuale esaminatore (come il proprio medico) non può sentirli, mentre in altri casi, come vedremo, l’acufene, chiamato oggettivo, può essere rilevato anche da un professionista sanitario, e solitamente è legato a specifiche condizioni mediche. In particolare, l’acufene può essere classificato in diversi modi. Esso può essere acuto (ovvero durare solo pochi giorni o settimane) oppure cronico (se persiste per più di sei mesi). La classificazione può anche basarsi sulla causa, distinguendo tra origine cocleare (interna al sistema uditivo) ed extracocleare (esterna), oppure, come dicevamo, tra soggettivo e oggettivo.

  • Acufene soggettivo: è la forma più comune ed è percepito solo dal paziente, senza una fonte sonora esterna. Spesso è associato a perdita dell’udito, ma la causa può restare sconosciuta.
  • Acufene oggettivo: molto raro (meno dell’1% dei casi), ha una fonte acustica interna al corpo e può essere udito anche da altre persone. È associato a condizioni legate a problemi vascolari, disturbi dell’articolazione temporo-mandibolare o alterazioni del sistema uditivo centrale.

L’acufene può essere percepito nella testa o nelle orecchie essere unilaterale o bilaterale, pulsatile (quando è sincronizzato con il battito del cuore, il che potrebbe suggerire una causa legata ai vasi sanguigni) o non pulsatile (continuo e costante, la forma più comune). Le forme unilaterali e pulsatili solitamente richiedono ulteriori approfondimenti medici. Come sottolinea l’Istituto superiore di sanità, gli acufeni non devono essere confusi con i rumori fisiologici che ogni persona percepisce in un ambiente perfettamente silenzioso, né con le cosiddette allucinazioni uditive, situazioni in cui una persona percepisce sentire suoni, parole, frasi, musica che, in realtà, non esistono ma sono generati dalla sua psiche.

Prima di capire più in dettaglio cosa sono e cosa si può fare per gli acufeni, è bene ricordare come riusciamo a percepire i suoni attraverso l’apparato uditivo. Prima di tutto, i suoni sono vibrazioni meccaniche propagate attraverso un mezzo (ovvero l’aria o l’acqua) sotto forma di onde sonore, che, quando incontrano il nostro orecchio, vengono trasmesse al cervello, che le elabora come un suono specifico, a seconda delle caratteristiche dell’onda sonora stessa. In altre parole, le vibrazioni di cui sono costituite le onde sonore colpiscono gli organi del nostro sistema uditivo, generano un segnale elettrico che viene elaborato dal cervello e percepito come stimolo sonoro. In particolare, le onde sonore colpiscono per prima cosa le strutture dell’orecchio esterno: il padiglione auricolare le dirige nel canale uditivo fino al timpano, una membrana in grado di vibrare in risposta ad esse. A questo punto la vibrazione viene trasmessa e amplificata, attraverso i tre ossicini dell’orecchio medio alle strutture dell’orecchio interno, che ospita la coclea. La coclea è una struttura a forma di spirale che contiene un particolare tipo di cellule specializzate in grado di captare le vibrazioni dell’aria, di convertirle in segnali elettrici e di trasmetterli ai neuroni del nervo cocleare, che a sua volta li trasmetterà alla corteccia uditiva del cervello, la quale li elaborerà come suoni. Se una parte della coclea è danneggiata – magari a causa di esposizione a rumori intensi, dell’invecchiamento o di specifiche condizioni mediche – la trasmissione del segnale uditivo può essere compromessa o risultare alterata. Il cervello, quindi, potrebbe cercare attivamente segnali uditivi provenienti da parti della coclea o dell’apparato uditivo ancora funzionanti e amplificarli. Questo aumento di attività potrebbe portare alla percezione di suoni inesistenti, dando origine agli acufeni. Molti casi di acufene, infatti, sono associati a una perdita dell’udito causata da un danno all’orecchio interno, anche se circa una persona su tre non ha alcun problema evidente alle orecchie o all’udito

In effetti, questo disturbo è un fenomeno ancora poco compreso nella sua origine, e non sembra esserci un unico meccanismo patologico alla sua base. Sebbene sia spesso associato all’invecchiamento, alla perdita dell’udito o all’esposizione al rumore, in realtà potrebbe essere causato da una grande varietà di disturbi che coinvolgono l’orecchio esterno, medio, interno o il nervo uditivo. E se è vero che l’invecchiamento è un fattore di rischio, è anche vero che l’acufene colpisce molti giovani: circa il 75% delle persone tra i 18 e i 30 anni che frequentano regolarmente discoteche o concerti sperimenta episodi di acufene temporaneo. Inoltre, è la lesione più comune tra i reduci di guerra, in particolare coloro che hanno prestato servizio in zone di conflitto. In sostanza, le cause di acufene possono essere molteplici. Nel caso del tinnito acuto, può derivare da un’infezione, dall’uso di alcuni farmaci, da un trauma alla testa o al collo, dall’esposizione a suoni troppo intensi, dall’accumulo di cerume o da variazioni nella pressione sanguigna o nel metabolismo. Quando invece il disturbo diventa cronico, spesso è collegato a problemi di udito più profondi, come malattie che provocano una perdita di tipo trasmissivo, dovuta ad anomalie dell’orecchio medio, oppure neurosensoriale, causata da danni all’orecchio interno o al nervo acustico. Alcune condizioni specifiche, come la malattia di Ménière o il neurinoma del nervo acustico, possono anch’esse contribuire alla comparsa del sintomo. Anche diversi farmaci possono avere un ruolo, e anche alcuni disturbi metabolici, come l’ipotiroidismo, l’ipertiroidismo, l’anemia o l’iperinsulinemia, possono contribuire alla sua insorgenza. Anche alcune condizioni neurologiche, come la sclerosi multipla, i traumi cranici o la disfunzione dell’articolazione temporo-mandibolare. Inoltre, il danno al nervo uditivo responsabile dell’acufene può derivare da compressioni microvascolari, infezioni virali o addirittura dalla crescita di tumori che lo colpiscono direttamente. 

Come si fa diagnosi e possibili trattamenti

La maggior parte delle forme di acufene sono soggettive, e non esistono test oggettivi per verificarne la presenza: pertanto, la diagnosi di questo disturbo si basa principalmente sulla descrizione dei sintomi che una persona che soffre di acufene fornisce allo specialista otorinolaringoiatra. In particolare, il medico chiederà di descrivere il tipo di suoni percepiti, la loro intensità e durata e se coinvolgono una o entrambe le orecchie. Il modo in cui il paziente descrive i sintomi e i suoni che percepisce è fondamentale per distinguere il tinnito soggettivo da quello oggettivo e per identificare se il suono è pulsatile o non pulsatile. Dopo di che, in genere, lo specialista effettua un esame approfondito dell’orecchio, sia esterno sia interno, per escludere eventuali altri fattori che possano determinare l’insorgenza degli acufeni, come un’infezione dell’orecchio medio o un accumulo di cerume. Potrebbe anche essere effettuato un test audiometrico per valutare un’eventuale perdita dell’udito o prescrivere una visita audiologica più approfondita. Esiste anche un test audiometrico specifico, chiamato acufenometria, che nei limiti del possibile permette di determinare la frequenza e l’intensità del suono percepito. Tuttavia, è importante sottolineare che il volume e l’intensità degli acufeni possono non corrispondere a quelli registrati durante l’esame, poiché ogni persona ha una soglia di tolleranza al rumore diversa. Infine, a seconda della storia clinica del paziente e dei risultati dell’esame obiettivo, il medico può richiedere analisi di laboratorio o esami di imaging per approfondire la diagnosi e per individuare possibili condizioni associate agli acufeni, come anemia, diabete o disfunzioni della ghiandola tiroidea. 

Non esiste una terapia specifica e definitiva per gli acufeni, ma sono disponibili diversi interventi che possono aiutare a risolvere o, almeno, a ridurre gradualmente il disturbo. Ad esempio, se gli acufeni sono causati da un accumulo di cerume, l’utilizzo di semplici gocce per l’orecchio, facilmente reperibili in farmacia, o un’irrigazione dell’orecchio, possono essere efficaci per rimuoverlo. Se, invece, gli acufeni sono il risultato di una reazione a un farmaco, è importante consultare il medico curante per valutare la possibilità di sostituire il farmaco con un altro o interrompere la terapia in corso. Quando gli acufeni sono causati da una perdita dell’udito, l’uso di un apparecchio acustico potrebbe rivelarsi utile, e in alcuni casi, potrebbe essere necessario un intervento chirurgico. Quando gli acufeni sono il segnale di un’altra malattia, curare quest’ultima può contribuire ad alleviarli. In ogni caso, sarà lo specialista a consigliare il trattamento più adatto in base alla causa sottostante. Tuttavia, non essendo possibile individuare una causa specifica e quindi una terapia definitiva, molte volte si utilizzano strategie per imparare a conviverci. Solo nei casi più gravi possono essere somministrati farmaci antidepressivi per alleviare i fastidi. Come riporta l’Istituto Superiore di Sanità, ecco le terapie più utilizzate:

  • Terapia del suono: utilizza suoni neutri (come il rumore bianco, alcuni tipi di musica, suoni naturali) per mascherare l’acufene, evitando alla persona che ne soffre di rimanere in silenzio, che ne amplifica la percezione. Può includere dispositivi specifici come generatori sonori e cuscini con altoparlanti.
  • Consulenza di esperti (counselling): supporto da parte di audiologi o medici per correggere credenze errate sull’acufene, ridurre l’ansia e migliorare la gestione del disturbo.
  • Terapia cognitivo-comportamentale: un approccio psicologico che aiuta a modificare la percezione dell’acufene, riducendo ansia e stress e insegnando strategie per conviverci più serenamente.
  • Tinnitus Retraining Therapy (TRT): combina terapia del suono e counselling per abituare il cervello a ignorare l’acufene, riducendo il suo impatto sulla vita quotidiana. Il trattamento dura dai 12 ai 24 mesi e deve essere seguito da specialisti.

Convivere con l’acufene

Le reazioni delle persone con acufene variano enormemente: possono andare da un lieve fastidio a una grave irritazione, con possibili conseguenze psicologiche come tensione, frustrazione, insonnia e difficoltà di concentrazione. Questo dipende sia dall’entità, dalla frequenza e dall’intensità del disturbo stesso, sia da come il cervello elabora il segnale sonoro legato all’acufene. Circa il 5% delle persone con acufene, infatti, presenta sintomi persistenti e invalidanti che riducono significativamente la  loro qualità della vita. Mentre l’80% si adatta alla condizione, il 20% sperimenta effetti negativi significativi, influenzati anche da fattori psicologici. Il disagio causato dall’acufene è spesso più psicologico che fisico, con sintomi come ansia, depressione, rabbia e disturbi del sonno. Diverse ricerche evidenziano una forte correlazione con i disturbi dell’umore: uno studio ha trovato che circa il 21% dei pazienti affetti da acufene soffre anche di disturbi dell’umore. Alcuni studi hanno evidenziato che una percentuale elevata di pazienti con tinnito presenta sintomi di disturbo psicologico, con segni di depressione maggiore riscontrati nel 62% dei casi e sintomi depressivi attuali nel 48%. Altri studi hanno riportato che il 45% dei pazienti con acufene soffre anche di disturbi d’ansia e che il 39% sperimenta episodi depressivi ricorrenti. Se l’acufene causa ansia o depressione grave, è consigliato rivolgersi a uno specialista di salute mentale.

Proprio perché non vi è una causa univoca e una terapia risolutiva per l’acufene, spesso a molti pazienti viene detto che “non si può fare nulla” e che devono “imparare a conviverci”. Questo potrebbe anche essere controproducente, perché, soprattutto se questo disturbo è appena comparso  non si è correttamente informati, si potrebbe avere paura che il rumore possa diventare più forte, durare per sempre, non poter essere trattato o essere il segnale di una malattia più grave. Invece è bene ricordare che, sebbene spesso sì, l’acufene non possa essere curato totalmente, ci sono diverse strategie (oltre alle terapie sopra indicate) per ridurre l’impatto di questo disturbo, che si rivelano efficaci in molti pazienti:

  • Evitare il silenzio assoluto, utilizzando suoni di sottofondo (musica, TV, ventilatore)
  • Proteggere l’udito da rumori forti
  • Modificare lo stile di vita, riducendo il consumo di caffeina, alcol e fumo

Infine, diverse strategie di auto-aiuto possono rivelarsi molto utili per la gestione di questo disturbo. In particolare: 

  • Rilassamento: yoga, meditazione e respirazione profonda aiutano a ridurre lo stress, con effetti positivi sul benessere psicofisico in generale e sulla percezione dell’acufene
  • Musica: ascoltare brani rilassanti o suoni della natura per favorire il sonno può rivelarsi molto utile
  • Regolarità del sonno: rispettare orari costanti ed evitare alcol e caffeina prima di dormire
  • Hobby e attività: mantenersi occupati per distogliere l’attenzione dal tinnito
  • Gruppi di supporto: condividere esperienze con chi ha lo stesso problema

Fonti: