La fistola anale è un tragitto neoformato (non presente normalmente) che mette in comunicazione il canale anale con la cute perianale. Nella maggior parte dei casi, rappresenta l’evoluzione di un ascesso anale: in anamnesi spesso i pazienti hanno il drenaggio spontaneo o chirurgico di un ascesso. Può formarsi però anche spontaneamente o come epifenomeno di patologie ano-rettali infettive, traumatiche, infiammatorie o neoplastiche. Dal punto di vista anatomico, la fistola anale presenta un orifizio interno, uno o più tragitti fistolosi e uno o più orifizi esterni. In base ai rapporti con l’apparato sfinteriale, si distinguono quattro tipi di fistola anale (classificazione di Park):
- Intersfinterica (70%) tra lo sfintere anale interno e quello esterno.
- Transfinterica (25%) attraversa lo sfintere anale esterno.
- Soprasfinterica (meno del 5%).
- Extrasfinterica (meno del 2%) non ha rapporti con gli sfinteri anali.
Normalmente, le ghiandole di Hermann e Desfosses favoriscono il passaggio delle feci, secernendo un muco di lubrificazione nelle cripte anali (piccoli avvallamenti nella regione dell’ano). L’infezione deriva dalla penetrazione di microrganismi all’interno della ghiandola anale che ostruiscono il dotto da cui fuoriesce il muco. L’infezione si diffonde ai tessuti circostanti, formando un canale che mette in comunicazione la ghiandola anale (dalla quale l’ascesso origina) con la cute della regione perianale. Quando la pelle si lacera, si viene a creare una fistola comunicante con l’esterno.
Quali sono i sintomi?
La fistola anale si accompagna a sintomatologia fortemente fastidiosa che può compromettere la qualità di vita del soggetto che ne è affetto:
- Dolore, irritazione e prurito anale.
- Secrezione intermittente di materiale purulento dall’orifizio esterno misto a tracce di sangue.
I sintomi della fistola perianeale tendono ad accentuarsi durante la defecazione e in qualche caso, possono manifestarsi anche sintomi generali, quali spossatezza, febbre e dolore pelvico.
Come si fa diagnosi?
La diagnosi di fistola anale si basa su un’accurata anamnesi al fine di valutare la sintomatologia e la storia clinica del paziente, caratterizzata da ascessi anali precedenti o altre patologie predisponenti. L’esame obiettivo durante visita medica, permette di valutare le caratteristiche dell’orifizio esterno, spesso circondato da cute arrossata e reazione infiammatoria (bottone di granulazione). La spremitura della cute, provoca la fuoriuscita di pus e materiale siero-ematico. Alla palpazione, la fistola perianale può risultare come una lesione sottocutanea fibrosa (simile ad un cordone), a direzione dall’orifizio fistoloso verso l’ano. Talvolta, la sede dell’orifizio interno può essere sospettata dal riscontro di un indurimento o una fossetta apprezzabile all’esplorazione rettale. Per il corretto trattamento della fistola anale, è indispensabile conoscerne l’esatta anatomia; a questo scopo, può essere utile l’ecografia endoanale con iniezione di acqua ossigenata attraverso l’orifizio esterno. Questa diffonde lungo la fistola e funge da ottimo mezzo di contrasto ecografico. Nelle fistole complesse è possibile utilizzare la risonanza magnetica (RM).
Come si tratta la fistola anale?
Il trattamento della fistola anale ha l’obiettivo di eliminare la lesione, prevenire la recidiva e preservare la funzione degli sfinteri. La chirurgia è complessa e prevede l’applicazione di tecniche diverse, scelte in base allo specifico caso. Nelle fistole intersfinteriche o transfinteriche e in presenza di sfinteri funzionanti, si può effettuare un intervento di fistulotomia che consiste nella sezione dei tessuti e delle fibre muscolari lungo l’intero tragitto fistoloso che una volta aperto, viene lasciato guarire spontaneamente (per seconda intenzione). Nel caso di fistole transfinteriche alte o sovrasfinteriche e quando l’intervento potrebbe compromettere la continenza anale, si può optare per un intervento in due tempi; questa tecnica consiste nel posizionamento di un setone (filo di seta o altro materiale) nel tragitto fistoloso che permette il drenaggio continuo della fistola. La prima fase prevede il posizionamento di un setone, mentre la seconda consiste in un intervento di fistulotomia o fistulectomia. La fistulectomia è un’altra modalità di gestione delle fistole anali che consiste nell’asportazione completa del tramite fistoloso, non garantisce percentuali di successo maggiori rispetto alle altre tecniche, è gravata da tempi di guarigione più lunghi e un maggior rischio di incontinenza fecale. Le fistole sopra e extrasfinteriche possono essere trattate con un lembo di avanzamento ano-rettale che prevede la creazione di un lembo che verrà posizionato in corrispondenza dell’orifizio interno. L’orifizio esterno verrà pulito e ampliato in modo che la fistola possa drenare all’esterno le secrezioni senza essere rifornita e guarire. Un’ulteriore possibilità di trattamento consiste nell’obliterare il tragitto fistoloso introducendovi all’interno colla di fibrina o materiale protesico, tecnica semplice con risultati incerti. In una percentuale che va dallo 0 % al 20 % ci può essere recidiva della malattia dopo trattamento chirurgico.
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