Di Chiara Di Lucente
Se nel 1980 abbiamo potuto dichiarare il vaiolo eliminato definitivamente, lo dobbiamo a loro. Stiamo parlando dei vaccini, lo strumento di prevenzione di malattie infettive più efficace che conosciamo e, al tempo stesso, guardato con sospetto. Perché?
Ieri il vaiolo, la peste, l’influenza spagnola (ma non solo). Oggi Covid-19, l’Aids, il morbillo (e, purtroppo, non solo): le malattie infettive, quelle cioè che sono causate da microrganismi come batteri e virus, da sempre fanno parte della storia degli esseri umani, e spesso hanno determinato le sorti di intere civiltà, di guerre e battaglie, di delicati equilibri economici e sociali.
Siamo stati in balia dei microrganismi fino alla fine del Settecento, quando la storia della medicina ha preso una svolta inaspettata: il medico di campagna Edward Jenner, iniettando il vaiolo bovino in un bambino del posto, ha inventato il primo vaccino della storia moderna. Proprio il vaiolo, due secoli dopo, è stato dichiarato eradicato definitivamente (eliminato, scomparso dalla faccia della Terra). Si stima che i vaccini, ogni minuto, nel mondo, salvino 5 vite: essi rappresentano lo strumento di prevenzione più efficace e a minor costo nei confronti di numerose malattie, altrimenti gravi e a volte mortali. Anche con Covid-19, i vaccini si stanno rivelando l’indispensabile mezzo per sconfiggere la pandemia: e perché allora non ci si vuole vaccinare, e i vaccini spesso vengono guardati con sospetto? Solitamente si è diffidenti verso ciò che non si conosce: oggi, quindi, scopriamo insieme qualcosa di più sui vaccini.

Piccola storia della vaccinazione
Immaginare adesso, nel 2021, cosa sia il vaiolo non è facile, perché questa malattia non esiste più, è stata dichiarata estinta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1980. La sua ultima apparizione in Europa risale al 1963, quando si presentò a Stoccolma e persino i medici fecero fatica a riconoscerla, tanto erano disabituati a coglierne i sintomi. Eppure, il vaiolo, che si ritiene abbia avuto origine oltre 3000 anni fa in India o in Egitto, è stata una delle malattie più devastanti conosciute dall’umanità. Estremamente diffusa, questa malattia uccideva il 30% di chi la contraeva, mentre la maggior parte dei sopravvissuti rimanevano deturpati da profonde cicatrici, e a volte anche ciechi. Nel Settecento, il vaiolo uccideva un bambino europeo su 10, e non era conosciuto alcun trattamento in grado di sconfiggerlo.
In realtà, qualche idea c’era: da secoli era noto che, una volta contratta una malattia, per la persona guarita era difficile ammalarsi nuovamente. Lo storico greco Tucidide, raccontando la “peste di Atene”, una disastrosa epidemia – probabilmente di vaiolo – che colpì la città greca nel 430 a.C scrive: “Coloro che si erano salvati dall’epidemia per sé stessi non avevano più nulla da temere: il contagio infatti non colpiva mai due volte la stessa persona, almeno non in forma così forte da risultare mortale”. Adesso ci sembrano concetti banali, ma in realtà fino al secolo scorso non avevamo idea che avessimo un sistema immunitario a proteggerci da virus e batteri. Eppure, ben prima della nascita di Cristo, c’era già la consapevolezza che aver contratto una malattia infettiva proteggeva da un successivo contagio. Ecco perché, proprio per sconfiggere il vaiolo, le civiltà dell’Oriente svilupparono la cosiddetta “variolizzazione”, ossia una pratica di prevenzione che consisteva nell’infettare volontariamente le persone, con la speranza di causare una malattia di forma lieve che in seguito conferisse l’immunità.
Nel Settecento la pratica della variolizzazione arrivò anche in Europa, con alcuni fortunati risultati, ma con un rapporto rischio/beneficio decisamente sbilanciato: far infettare le persone con il vaiolo umano poteva renderle immuni, ma anche farle ammalare in modo grave, fino a ucciderle. È qui che entra in gioco Edward Jenner. Occorre precisare che all’epoca esistevano due forme della stessa malattia: il temibile vaiolo umano e il vaiolo vaccino, che colpiva le mucche ma poteva infettare anche gli umani, in maniera però piuttosto lieve. Il medico inglese osservò che le mungitrici a contatto con le pustole di mucche affette dal vaiolo vaccino risultavano immuni dalla forma umana della malattia. Jenner, allora, inoculò il contenuto delle pustole di vaiolo vaccino a James Phipps, un bambino del posto (a pensarci adesso, una pratica sconsiderata, ma era il Settecento, e tant’è). Qualche tempo dopo, il piccolo James venne esposto al vaiolo umano, e non successe niente. Edward Jenner riprovò ancora e ancora, senza che il piccolo James contraesse nulla: il bambino risultava immunizzato, ed era stato creato, a partire dalla malattia delle mucche, il primo siero in grado di proteggere dal vaiolo. Da qui, il nome vaccino.
Vaccini, come funzionano
Ma come è fatto un vaccino, e soprattutto come fa a funzionare così bene? Più di un secolo dopo la geniale intuizione di Edward Jenner, la ricerca biomedica è riuscita a comprendere il meccanismo dietro la variolizzazione e l’immunizzazione ottenuta con i vaccini. Questi, infatti, sfruttano la capacità del nostro sistema immunitario di difenderci da agenti esterni potenzialmente pericolosi, come virus e batteri.
Per capire meglio, facciamo un passo indietro: quando il nostro corpo entra in contatto con un agente estraneo, le cellule del sistema immunitario (i globuli bianchi che teniamo sotto controllo con le analisi del sangue, per intenderci) riconoscono in maniera estremamente precisa piccole parti del microrganismo – per esempio, una porzione di una proteina sulla sua superficie – che prende il nome di “antigene”. L’incontro con l’antigene stimola le nostre difese naturali a produrre gli anticorpi, molecole che si legano a esso in maniera specifica, neutralizzandolo, e che rimangono in circolo nel sangue per moltissimo tempo (abbiamo parlato degli anticorpi in questo articolo). Quando entriamo di nuovo in contatto con l’agente estraneo, grazie agli anticorpi che sono già presenti nel nostro corpo e ad altre cellule che “ricordano” con precisione proprio il microbo in questione, la risposta del sistema immunitario molto più rapida ed efficace della prima volta. Nella pratica, ciò vuol dire che il nostro corpo sarà protetto dalla malattia.
I vaccini ricalcano proprio questo processo naturale: portando parti indebolite o inattive di un agente microbico (per esempio, la piccola porzione di proteina di cui abbiamo parlato), essi stimolano il sistema immunitario ad attivare la propria risposta, senza però far ammalare chi lo riceve. Quando il nostro corpo incontrerà il microrganismo vero e proprio, la risposta immunitaria sarà già allenata a riconoscerlo e a combatterlo. Dall’innesto di Edward Jenner il tempo è passato, e se inizialmente i vaccini erano costituiti da una piccola quantità di virus o batteri inattivati o modificati in modo da non essere pericolosi (come il vaccino contro la poliomelite, ad oggi ancora in uso), oggi, grazie alle tecniche di biologia molecolare, i vaccini più sofisticati (come quello contro Covid-19) contengono solo l’antigene o le istruzioni per costruire l’antigene, senza portare nel corpo i microrganismi esterni.
Chi ha paura dei vaccini?
Ad oggi vi sono numerosi vaccini a nostra disposizione, e, dati alla mano, sono sicuri e funzionano: allora perché non ci si fida? La cosiddetta “esitanza vaccinale”, quel fenomeno secondo cui le persone decidono di non vaccinarsi, preferiscono non vaccinarsi o sono indecise, è molto complesso e non può essere affrontato in poche righe, ma è bene dare qualche indicazione in più.
Il rifiuto ai moderni vaccini affonda le sue radici vent’anni fa. Nel 1999, l’allora medico Andrew Wakefield (oggi radiato dall’ordine) pubblica sulla rivista The Lancet uno studio che associa la somministrazione del vaccino trivalente contro il morbillo-pertosse-rosolia all’autismo. Lo studio in realtà, anni dopo, viene ritrattato in quanto inconsistente, gli autori che hanno pubblicato con il medico inglese si dissociano e sul conto di Wakefield stesso emergono controversie non solo legate alla frode scientifica, ma anche relative a interessi economici personali dietro la pubblicazione di quell’articolo. L’ordine sembra essere ristabilito, ma gli effetti sono stati devastanti: con il massiccio uso dei media e dei social media, complici alcune sentenze giudiziarie, la fiducia dei cittadini nei vaccini è stata minata nelle sue fondamenta. Oggi si ritiene che il caso Wakefield sia stato uno dei principali fattori ad aver scatenato l’esitanza vaccinale.
Mentre, quindi, nei primi anni del 2010 venivano approvati e commercializzati nuovi e promettenti vaccini, la copertura della popolazione diminuiva sempre di più. Tra il 2010 e il 2014, infatti, negli Stati Uniti e in Europa si sono registrati preoccupanti diminuzioni di tutte le vaccinazioni obbligatorie e raccomandate, nei bambini quanto negli adulti. E questo è un problema, perché i vaccini sono uno strumento di prevenzione utile non solo per la singola persona, ma per tutta la comunità, grazie al fenomeno detto di immunità di gregge, secondo cui l’immunizzazione di un alto numero di persone (di solito pari al 95% della popolazione) contro una determinata malattia per un lungo arco di tempo impedisce a questa di trasmettersi e circolare. È proprio grazie all’immunità di gregge che il vaiolo è scomparso. Ed è per questo che, se vogliamo eliminare altre malattie o tenerle a bada, molti esperti concordano nel ridurre l’esitanza vaccinale aumentando la consapevolezza delle persone, sostenuta e supportata dalle evidenze scientifiche.
Fonti:
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http://www.quadernidellasalute.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2586_allegato.pdf
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https://www.who.int/news-room/feature-stories/detail/how-do-vaccines-work
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http://www.who.int/mediacentre/factsheets/smallpox/en/index.html
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Salomoni MG, Di Valerio Z, Gabrielli E, et al. Hesitant or Not Hesitant? A Systematic Review on Global COVID-19 Vaccine Acceptance in Different Populations. Vaccines (Basel). 2021;9(8):873. Published 2021 Aug 6. doi:10.3390/vaccines9080873
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Signorelli C. Quarant’anni (1978-2018) di politiche vaccinali in Italia [Forty years (1978-2018) of vaccination policies in Italy]. Acta Biomed. 2019;90(1):127-133. Published 2019 Jan 9. doi:10.23750/abm.v90i1.7900