Di Chiara Di Lucente

Già adottata in alcuni Paesi europei e recentemente approvata in Italia, la legge sul diritto all’oblio oncologico ha lo scopo di tutelare le persone guarite dal cancro. Che sono molte di più di quanto si pensi

oblio oncologico

A pochi giorni dalla Giornata Mondiale contro il Cancro, vogliamo concentrarci su un gruppo specifico di persone, molto più nutrito di quello che si potrebbe pensare: chi ne è guarito. Nonostante gli esperti prevedano che le malattie oncologiche rappresenteranno una delle sfide più importanti per l’allungamento dell’aspettativa di vita e per la medicina nei prossimi decenni, ci sono diversi segnali positivi da considerare. In particolare, sempre più persone sopravvivono dopo una diagnosi di cancro. In effetti, nel 2020 gli ultimi dati a disposizione ci rivelano che in Italia ci sono oltre 3 milioni e 600mila persone in vita dopo una diagnosi di cancro, il 37% in più rispetto a dieci anni prima. Questo aumento è particolarmente significativo tra coloro che hanno superato i 10 o i 15 anni dalla diagnosi, con circa 2,4 milioni di persone che vivono ancora dopo oltre 15 anni dalla diagnosi. In Italia, il numero di sopravvissuti al cancro aumenta ogni anno di circa il 3%. 

Questi pazienti generalmente sono suddivisi in cinque categorie: quelli in fase acuta della malattia, che includono sia coloro con una diagnosi recente che coloro che hanno sperimentato una remissione dopo il trattamento iniziale, ma che poi hanno sperimentato una ricaduta; quelli in fase terminale, che hanno esaurito le opzioni di trattamento attivo e ora ricevono cure per migliorare la loro qualità di vita; quelli con malattia cronica, dove il tumore è mantenuto sotto controllo grazie ai trattamenti, consentendo di vivere a lungo con una buona qualità di vita; i cosiddetti lungosopravviventi”, che non hanno più la malattia attiva ma non sono ancora considerati guariti a causa del tempo trascorso dalla diagnosi. Infine, c’è il gruppo dei pazienti guariti. La definizione di “guarigione” in oncologia è spesso trascurata, ma esiste, e si riferisce a quelle persone per cui la malattia oncologica non rappresenta più un rischio di mortalità superiore rispetto alla popolazione generale. In altre parole, una persona che guarita dal cancro ha ricevuto una diagnosi, si è sottoposta ai trattamenti e ai controlli raccomandati e, dopo un certo periodo di tempo, possiede una situazione clinica simile a quella di persone della stessa età e sesso che non hanno mai avuto il cancro. Alcuni tipi di tumori richiedono un periodo di guarigione più o meno lungo, ma nella stragrande maggioranza dei casi una persona che sia libera da malattia oltre i dieci anni dal termine del trattamento può, in assenza di recidiva, essere considerato realmente guarita. Questa tendenza vale soprattutto per i pazienti adulti. Per quelli che hanno affrontato il cancro da bambini e adolescenti, il periodo di guarigione può essere ragionevolmente ridotto a cinque anni. 

Questi dati ci mostrano che stiamo assistendo a un cambiamento significativo di prospettiva: il cancro è passato da essere una malattia cronica, con cui al limite si può imparare a convivere, a una malattia da cui si può guarire. Questo cambiamento di paradigma è fondamentale per superare lo stereotipo che associa il tumore alla morte, o comunque a una condizione da cui non ci si può liberare. È un concetto in evoluzione, con molte implicazioni sociali che richiedono un approccio multidisciplinare per evitare la creazione di nuove forme di discriminazione e ingiustizia. La legge sul “diritto all’oblio oncologico”, già adottata in alcuni Paesi europei e recentemente approvata anche in Italia, si muove proprio in questa direzione, rappresentando un passo importante nel migliorare la vita sociale e privata delle persone guarite da questa malattia.

Cancro, stigma e discriminazioni

Affrontare una malattia oncologica è un percorso estremamente complesso, che porta con sé una serie di difficoltà e stress che possono influire negativamente sulla qualità della vita e sull’intero processo di recupero e riabilitazione della persona, anche dopo la guarigione. Tuttavia, oltre alle difficoltà legate alla malattia in sé, c’è un altro ostacolo che spesso i pazienti che hanno ricevuto una diagnosi di cancro devono affrontare: lo stigma sociale associato alla malattia. Lo stigma è un concetto che si manifesta attraverso l’etichettatura, la stereotipizzazione e l’isolamento sociale di individui o gruppi e che può sfociare in vere e proprie discriminazioni. Nel contesto delle malattie, lo stigma si verifica quando una persona viene associata a caratteristiche negative dovute alla sua condizione di salute. Questo può portare a discriminazioni e all’esclusione sociale di chi ne è vittima, rendendo la sua esperienza ancora più dolorosa. In particolare, le persone che hanno ricevuto una diagnosi di cancro spesso si sentono emarginate e giudicate a causa della loro malattia. Diverse ricerche hanno rilevato che la prevalenza dello stigma tra i pazienti oncologici può variare notevolmente, con percentuali possono arrivare all’80%. In particolare, oltre il 30% dei sopravvissuti al cancro ha subito atteggiamenti negativi e stereotipati legati alla loro esperienza, mentre circa il 10% ha vissuto discriminazioni sociali a causa della malattia. Tale stigma può avere conseguenze significative sulla salute mentale e fisica dei pazienti e può influire negativamente sul successo del loro trattamento. Inoltre, gli effetti negativi dello stigma persistono anche dopo la fine dei trattamenti, addirittura dopo la guarigione.

Chi ha ricevuto una diagnosi di cancro si trova spesso di fronte a diverse sfide nella sua vita quotidiana, che possono persistere per molti anni dopo la diagnosi. Per esempio, ottenere un’assicurazione sulla vita diventa molto difficile, allo stesso modo di richiedere un mutuo o un finanziamento bancario per avviare un’attività. Anche il reinserimento nel mondo del lavoro può essere un percorso complicato, con la situazione professionale delle persone con diagnosi di cancro che spesso peggiora notevolmente nei primi due anni dopo la diagnosi. Non solo: chi ha sconfitto il cancro può affrontare difficoltà aggiuntive se decide di intraprendere un percorso di adozione. Insomma, nonostante i progressi nella cura del cancro, nelle possibilità di guarigione e nel costante aumento del numero delle persone guarite da una malattia oncologica, una diagnosi precedente di cancro è ancora considerata come un segno di aspettativa di vita più breve. Questo stigma sociale rimane, indipendentemente dalle reali condizioni di salute del paziente o dalla cronicizzazione della malattia. È quindi fondamentale lavorare per superare il pregiudizio nei confronti delle persone che hanno affrontato il cancro e ora hanno il diritto di vivere una vita piena e soddisfacente.

La legge, in Europa e in Italia

Sulla base di queste difficoltà, alcuni paesi europei hanno introdotto leggi specifiche per regolamentare come le compagnie assicurative possono richiedere informazioni sul passato dei pazienti che hanno ricevuto una diagnosi di cancro. Il primo paese a intraprendere questo percorso è stato la Francia, che nel 2015 ha stipulato un protocollo con le compagnie assicurative. Questo protocollo escludeva la richiesta di informazioni sul passato dei pazienti che erano liberi dalla malattia oncologica da almeno dieci anni se la malattia era insorta in età adulta, o per almeno cinque anni se la malattia era insorta in età minore. In seguito, molti altri paesi europei, tra cui Lussemburgo, Belgio, Olanda, Portogallo e Romania, hanno promulgato leggi simili. Nel 2022, la Commissione Europea ha auspicato che tutti gli Stati membri dell’Unione Europea adottino una legge sul diritto all’oblio oncologico entro il 2025.

E in Italia? Nel nostro paese, la questione del diritto all’oblio oncologico è stata oggetto di discussione per diversi anni. Nel 2005, l’associazione FAVO aveva presentato una richiesta a livello europeo per una legge che garantisse questo diritto. Tuttavia, per anni è stato un argomento trascurato fino a novembre 2021, quando diverse organizzazioni, tra cui ROPI, AIOM, Fondazione AIOM e Fondazione Veronesi, hanno iniziato a promuovere il tema attraverso seminari online, incontri alla Camera dei Deputati e articoli sulla stampa. Nel frattempo, sono state presentate diverse proposte di legge in Parlamento, unificate in un testo che è stato discusso e approvato alla Camera dei Deputati il 28 luglio 2023 con 281 voti favorevoli e nessun voto contrario. Nel dicembre 2023, il Senato ha dato il via libera al testo già approvato dalla Camera. È stata infatti approvata all’unanimità la legge che garantisce alle persone guarite da una patologia oncologica il diritto di non fornire informazioni e di non essere sottoposte a indagini sulla loro precedente condizione. Inoltre, per quanto riguarda l’accesso ai servizi bancari, finanziari e assicurativi, non è consentita la richiesta di informazioni sullo stato di salute dell’assicurato in relazione a patologie oncologiche già trattate, se il trattamento attivo è stato concluso da più di dieci anni senza episodi di recidiva. Questo periodo si riduce della metà se la patologia si è manifestata prima dei ventuno anni. Dal punto di vista etico, sottolineano gli esperti questa legge è importante poiché enfatizza la protezione dell’identità pers